Beni
-
Il Fonte Battesimale e i capitelli erratici della Chiesa di S. M. Maggiore
Giuseppe Muollo
Montecalvo irpino AV – 00 marzo 2004 – La presentazione del restauro del fonte e dei capitelli è l’ultimo atto, allo stato, di una intensa collaborazione creatasi tra la Soprintendenza di Salerno e Avellino e la parrocchia di San Pompilio, guidata e governata da Don Teodoro Rapuano, al quale va tutto il mio apprezzamento.
Una collaborazione protetta dalla presenza costante della Madonna dell’Abbondanza,rinvenuta nel sottoscala di casa Pirrotti il 16 marzo del 2001, durante i lavori di ristrutturazione dell’edificio per l’erigendo museo pompiliano dal maestro muratore Carlo D’Agostino.
L’8 marzo del 2003 presentammo il restauro del portale della Cappella Carafa, a distanza di un anno presentiamo il restauro del fonte battesimale e dei capitelli;due capitelli figurati che fanno mostra di una qualità alta per la tecnica di esecuzione, rispetto alle cose realizzate nel primo cinquantennio del secolo XII in Irpinia e di cui a breve vi parlerà da par suo, il professore Francesco Gandolfo che ringrazio sin d’ora della sua squisita disponibilità per aver accettato di buon grado il mio invito.
IL fonte Battesimale collocato in controfacciata della navata laterale sinistra, è costituita da un sarcofago in pietra riutilizzato come vasca, sulla cui parete lunga è presente una iscrizione riferita al 1491. -
La Malvizza
Alfonso Caccese
[Ed.24/01/2005] La ricerca delle proprie radici è un’esigenza che prima o poi, qualsiasi individuo si sente in dovere di tradurre in informazioni reali. Talvolta, addirittura, questa operazione si arricchisce via via di contenuti di sicuro valore letterario, scientifico, poetico. Per conseguire traguardi di tali dimensioni, è opportuno esprimere una gamma di funzioni e di sensibilità di fondo talmente ampia da poter essere parafrasata senza limitazioni di sorta. Ne possono nascere trame espressive di diversa tipologia analitica: con inclinazione alla creatività artistica o alla riscoperta dell’ uomo attraverso vere e proprie analisi del contesto sociale.
Si tratta di lavori rari, però, quando se ne scopre qualcuno, lo si legge con un piacere nuovo, se non altro per appropriarsi dei piccoli tesori che in esso si celano, magari dietro un sottile velo di pudore. A ricordare e a tramandare oralmente tutto quello che è possibile ed umanamente tramandabile è il carattere forte e duro degli abitanti di questa contrada attenti custodi della propria storia e delle proprie tradizioni. Uomini e donne forgiate dalla durezza della vita ma strettamente legati alla continua evoluzione dei tempi moderni perenni testimoni di una storia non scritta ma realmente passata in questa terra che ancora oggi mantiene tutto il suo fascino misterioso e affascinante. La mesta sobrietà di vecchi contadini che da antichi massari, si sono , trasformati in conduttori di aziende agricole moderne dove del passato resta solo la struttura organizzativa di un lavoro svolto con una cadenza di tempi connesso ai ritmi biologici della natura. In una masseria , diventata oggi una moderna villetta di campagna, incontriamo una famiglia organizzata secondo i vecchi canoni ma con opportune differenze.
Accanto allo screpitio di legna che irradia la sua luce e il suo calore da una “fucagna” da antichi ricordi, il buon vecchio Antonio, questo è il suo nome ci ricorda che: “ Non è più come una volta, oggi pure nella nostra contrada tutto è cambiato, ci sono le macchine moderne che ci aiutano nel nostro lavoro, siamo diventate aziende agricole e non siamo più al tempo dei massari”. Nella sua intensa vita ha visto il mutare delle cose e coi propri occhi ha assistito alla trasformazione radicale del mondo contadino dagli inizi degli anni sessanta in avanti. Testimonianza di un epoca in cui l’analfabetismo era imperante e la popolazione, traeva sostentamento dalla coltivazione della terra e dall’allevamento del bestiame. La suddivisione della società in classi era una tremenda realtà e i lavoratori della terra rappresentavano la classe più umile.
Nelle masserie luogo più importante era l’aia, da anni scomparsa per colpa della moderna organizzazione del lavoro. In questa parte centrale si procedeva alla trebbiatura dei cereali si lavorava in mezzo al baccano e alla confusione, secondo una tradizione consolidata. Una moltitudine di uomini, donne e ragazzi lavoravano alacremente sull’aia, per giorni o settimane, ammazzandosi di fatica. Si respirava polvere e si sudava tanto con la canicola di luglio e agosto, per mettere da parte il raccolto dei cereali per l’inverno e anche la paglia per le bestie. A partire dagli anni Settanta, le nuove macchine tecnologicamente avanzate ( le mietitrebbiatrici ) capaci di operare anche sui declivi delle colline, hanno risolto ogni problema con la trebbiatura effettuata direttamente nei campi coltivati e la consegna, ai relativi proprietari, dei sacchi pieni di grano a domicilio. In questo modo sono scomparse delle affascinanti figure ottocentesche di lavoratori rurali, oramai confinati nei ricordi di un tempo che fu. Anche il paesaggio rurale in questi decenni è mutato, sia per l’introduzione di nuove tipologie di coltura che per l’uso diffuso delle macchine agricole che hanno sostituito il lavoro umano. [Nativo]
-
La Madonnina di Largo Croce
Antonio Stiscia
[Ed. 00/12/2005] Era la Madonnina di Largo Croce,posizionata a spartistrada tra la Via Rettifilo(Via Roma) e la Strada per Corsano,un ricordo incancellabile per tutti quelli, che come me, sono nati negli anni cinquanta. Edificata a seguito della visita dei Padri Missionari Redentoristi,avvenuta nel 1954,la Statuina è stata un punto di riferimento per tutti i Montecalvesi,credenti e non,perché legata alla nostra fanciullezza e perché simbolo della nostra tradizione religiosa,fatta di vera fede e semplici cose. Era consuetudine fotografare i bambini ai suoi piedi,per una sorte di sana devozione e per cercare la protezione della Santissima Madre e spesso, chi partiva per terre lontane,soleva portarsene il ricordo,convinto che quella Madonnina del Viandante, potesse proteggerne il cammino nella vita. Abbattuta per la realizzazione di alcune opere di ricostruzione,ben dopo il terremoto del 1962,con l’impegno di ricostruirla nelle fattezze originarie e con il riposizionamento della statuetta,custodita non si sa dove,si aspetta da anni che qualcuno provveda a rifare un monumento che appartiene alla nostra storia,ai nostri ricordi e al pianto capriccioso di tanti bambini che si rivolgevano alla Madonnina per vedersi esauditi i tanti piccoli desideri. Sarebbe troppo facile costruire una nuova polemica,ve ne sono già tante e per cose fatue e a volte incomprensibili,ma come non dolersi del fatto che si creino nuovi sacelli e non si recuperino quelli di un tempo?
Spero che questo mio umile scritto ,riaccenda la memoria dei tanti e che si ponga finalmente mano alla riedificazione di quella edicoletta,di nessun pregio artistico,ma cara e preziosa ancor di più,perché testimonianza del nostro breve passato,carico di spensieratezza e civile convivenza. [Nativo] -
Montecalvo Irpino – Il centro storico
[Ed. 19/01/2004] Per tornare indietro nel tempo e rivivere le storie e le leggende del passato, ripercorriamo le strade del centro storico alla ricerca di quel che resta dell’antichità. Iniziando da Piazza Porta della Terra, all’altezza dell’attuale casa comunale, vi era una piazza che tutt’ora esiste, chiamata Largo Mercato: al suo interno sul suolo occupato oggi dal municipio c’era la chiesa dedicata a S.Bartolomeo funzionante fino al 1656. Di fronte si nota il Palazzo La Vigna, situato fra l’odierna Viale Pini e Piana Porta della Terra cosi denominata per l’esistenza di una porta che chiudeva la vecchia cinta muraria di Montecalvo.
A seguito dell’ultimo sisma avvenuto il 23 novembre 1980, sono andate distrutte alcune costruzioni che attorniavano la Piazza, e Via Dietro Corte, ridandogli quasi l’aspetto di un tempo quando di là delle mura era già aperta campagna. Sul suolo dove esisteva casa Pirrotti, famiglia d’origine nobile, oggi si trova la Chiesa dedicata a S.Pompilio M.Pirrotti, figlio prediletto ed orgoglio di Montecalvo e di tutta l’Irpinia. Annesso alla Chiesa c’è l’Ente Rosa Cristini, fondato con lo scopo di educare i fanciulli. Dell’antica casa Pirrotti rimane oggi solo il portale in pietra che immette nel vecchio cortile e le cantine su cui poggiano le fondamenta.
Sul portale c’è la riproduzione in pietra dello stemma di famiglia, mentre tra la chiesa ed il cortile si trova l’archivio sacrario del Santo. Salendo verso l’odierna Piazza S.Pompilio, risalente al 1930, degradata dall’incuria degli uomini e abbandonata dagli amministratori locali, sul lato destro si ammira il Palazzo Caccese, uno tra i più imponenti per proporzioni ed eleganza architettonica. In questa piazza fino al 1930, esisteva la chiesa del santissimo Corpo di cristo, tra le più antiche di Montecalvo. Accanto alla chiesa, all’imbocco di Corso Umberto, era situato il campanile arricchito da una meravigliosa cupola d’arte gotica rivestita in ceramica di vari colori.
Allo stesso punto si apre Via S.Maria, con la bellezza dei Palazzi: Bozzuti, Pizzillo, Luparella, Caccese – Antinozzi, ancora oggi esistenti. La famiglia Bozzuti, d’origine napoletana, è una delle più nobili dell’epoca, fra I discendenti annovera, dottori, giuristi e sacerdoti, ma anche la nobile donna Orsola Bozzuti, che diventata sposa di Girolamo Pirrotti, dà i natali a San Pompilio Maria Pirrotti. La famiglia Pizziilo, arriva a Montecalvo, circa neI 1693, proveniente da Atripalda e fra i valenti giuristi, notai e la nobildonna suoi discendenti si distinguono Orsina Pizzillo, moglie d’Angelo Cammisa, discendente del più famoso Angelo,consigliere del Fernando Re I d’Aragona.
Arrivati all’ingresso del castello, ridiscendendo per un vico parallelo a Via S. Maria si può ammirare lo splendido portale del Palazzo Acquanetti, oggi totalmente restaurato, alla fine del vico, ritornando su Corso Umberto I, di fronte, si osserva, il Palazzo De Marco. Edificato nel diciottesimo secolo, oggi tornato al suo antico splendore, colpisce per la raffinatezza dei portali, le cornici delle finestre. Proseguendo per Corso Umberto I, sulla destra si ammira il Palazzo De Cillis risalente al XVII° secolo, con un interessante ed originale portale ad arco costituito da ornamenti in stile floreale e la chiave di volta che regge un grande stemma di famiglia e dei balconi, addirittura databili in età tardo rinascimentale. Poco prima del palazzo De Cillis, dove Via S. Caterina confluisce con Corso Umberto 1°, all’altezza dell’attuale Palazzo Siniscalchi, si accede ad un luogo caratterizzato dalla presenza di molti portali in pietra scolpiti meravigliosamente, denominato “Chiassetto Caccese”.
A tale zona si può accedere anche da Via Longara Fossi, attraverso un grande arco ancora oggi intatto, da dove è visibile, incastonato in un angolo del palazzo, un leoncino che sembra divorare un essere umano, simbolo della lotta tra male e bene nell’arte cristiana classica. La famiglia Caccese, d’origine Normanna, stabilitasi a Montecalvo, in seguito alle invasioni del Normanni intorno al 1100, prima nelle campagne di Corsano e dopo una mortale pestilenza, riunitasi intorno al centro abitato del nascente paese di Montecalvo,può essere considerata come una delle prime famiglie aborigena del luogo. Infatti, la presenza, ancora oggi, di moltissimi discendenti di questa famiglia, unica in Italia, dimostra l’assoluta appartenenza e coinvolgimento di questa famiglia nelle vicende storiche di Montecalvo lrpino. Ha annoverato, nel corso dei secoli, sacerdoti, giuristi, scrittori, ufficiali, sindaci, notai ed altri.
Poco lontano, uno stupendo panorama si offre, in tutta la sua incantevolezza, agli occhi dei visitatori. In lontananza si colgono le morbide linee delle montagne Sannite, ma da vicino scorgiamo un incantevole panorama della zona, forse, la più antica di Montecalvo “il Trappeto”, in tutto il suo fascino. Un costone d’arenaria che, in apparenza, dà l’immagine di un gruppo d’antiche costruzioni fatiscenti, ed invece ci troviamo di fronte a delle grotte scavate nel tufo su nove livelli, chiuse all’imbocco da una specie di facciata, che ricorda I famosi “ Sassi Di Matera”, per molti secoli adibiti ad abitazioni dove convivevano uomini ed animali. L’origine è ancora incerta, e sulle volte d’alcune grotte si possono trovare ancora oggi fossili di conchiglie Incastonate nella falda tufacea.
Al termine di Corso Umberto I, si trova la Chiesa di S. Nicola. Distrutta dal terremoto del 1930, ricostruita dopo il 1962, sorge al centro di Piazza Carmine, oggi,d’impianto moderno,con a lato una magnifica piazza che ha al centro una splendida fontana ricca di giochi d’acqua. Al suo interno è collocata la statua lignea della Madonna della Libera, molto venerata dai montecalvesi. Da poco restaurata, la statua della madonna è ritornata al suo antico splendore. [Nativo]
Alfonso Caccese
[Bibliografia di riferimento]
[Cavalletti G.B.M., Montecalvo dalle pietre alla storia, Poligrafica Ruggiero, Avellino, 1987] -
La Pineta di Montecalvo Irpino
[Ed. 27/12/2004] Napoli – La pineta di Montecalvo citata nella rubrica Luoghi del cuore del quotidiano La Repubblica
“Segnalo inoltre la pineta di un paese in provincia di Avellino: Montecalvo Irpino. Ricordo che quando da piccola trascorrevo buona parte delle vacanze estive da mia nonna paterna andare in pineta era come raggiungere una meta fantastica! Ora quei pini vengono abbattuti a decine perché malati! La pineta in fondo è piccola e credo che ci vogliano pochi soldi e buona volontà per salvarla!” Recensioni Google: “Un posto di pace e tranquillità utile per rilassarsi, fra alberi, ombra, vento e verde” M.G “Storica pineta comunale, puoi anche farti un pisolino al fresco ma anche jogging” M.B. “Bellissimo bosco attrezzato di pini canadesi. Parco giochi per bambini, struttura sportiva polivalente, percorso della salute” A.C. “Un luogo incantevole, dove i pini creano un luogo ameno e rilassante. Un luogo dove passeggiare e sostare” F.M. “Storico punto di ritrovo estivo” V.G
[Nativo] [Fai – I Luoghi del Cuore] [Google – Pineta Comunale]Forum / Brunella]
-
La Chiesa di S.Nicola in Corsano
Giovanni Di Rubbo / La Chiesa di S.Nicola in Corsano
[Ed. 14/11/2017] La Chiesa di Corsano si trova nella contrada di Corsano, sede dell’antico demanio omonimo, distrutto dalla peste del 1656. Si possono ammirare ancora i resti della chiesa abazziale di San Nicola in Corsano, testimonianza di un passato illustre ed autonomo. La chiesa è stata abbandonata dopo il terremoto del 1962.
Prefazione
L’idea di ricostruire quello che c’era da ricostruire e restaurare ciò che si poteva della Chiesa di San Nicola è venuta circa sei anni fa ad un gruppetto di ragazzi della contrada Corsano (alcuni come me non tanto ragazzi), che sulla scorta dell’esperienza positiva vissuta qualche anno prima con il rifacimento della Cappella votiva in onore della Madonna di Pompei, si sono avventurati in questa ben più ardua impresa. Quello che il visitatore poteva notare dopo il sisma del 1962 e quello del 1980 era un cumulo di detriti dove, negli ultimi anni era cresciuta una fitta vegetazione, soprattutto rovi. Da questo stato di fatto si può dedurre che lo spirito di sacrificio profuso e l’abnegazione per portare a compimento l’opera di risanamento, sono stati notevoli. Oltre al legame affettivo (il sottoscritto nella Chiesa ha ricevuto la Prima Comunione), la ragione che ha dato impulso all’idea di recupero è stata quella di tramandare ai posteri il notevole bagaglio storico che porta con se la Chiesa di S. Nicola in Corsano. Lo scopo della compilazione di questo opuscolo è rendere l’idea, ad uno sconosciuto visitatore della stessa Chiesa, di quello che essa ha significato nel passato. Il fervore che ha investito i componenti dell’Associazione Culturale “Corsano”, appositamente costituito, ben presto si è trasmesso alle famiglie, le quali sono state e saranno ancora per molto tempo, spero le vere protagoniste dell’opera.Oltre che finanziare direttamente, esse lavorano ogni anno per dar vita alla ormai famosa Sagra del Pomodoro e dell’Agnello”, che si svolge il sedici Agosto e dalla quale hanno origine i maggiori proventi economici. Oltre alle famiglie della Contrada, discorso a parte merita il responsabile tecnico dei lavori: l’Ingegnere De Marco da Benevento. Amedeo, prima solo amico di famiglia dell’Assessore Giancarlo Di Rubbo, è divenuto ben presto amico anche di Corsano, dando un notevole input tecnico ed economico all’intero progetto. Il buon esito dell’iniziativa, lo si deve, oltre ai motivi già accennati, anche ad altri fattori, tra i quali il poter trovare tra di noi, di volta in volta, sia i mezzi che le persone capaci di fare i più svariati lavori, con umiltà e sacrificio, senza mai tirarsi indietro.
Di notevole spessore è stato anche l’apporto dato dalla falegnameria dei Fratelli Caccese. Monumentale la pazienza mostrata dalla famiglia degli eredi di Carlo Parzanese per tutto quanto hanno dovuto, e saputo sopportare. Non cito tanti altri parimenti meritevoli per non annoiare il lettore che non conosce i personaggi in questione -
Corona al Milite Ignoto
[Ed. 30/04/2003] Il monumento ai caduti montecalvesi nella prima guerra mondiale, opera dello scultore Michele Guerrisi della Real Accademia di Belle Arti di Torino, fu inaugurato il 3 ottobre 1926. La realizzazione fu possibile grazie alle generose offerte dei cittadini Montecalvesi. Solenne il discorso di Nicola Susanna dei marchesi di S. Egidio, presidente onorario del comitati “Pro-monumento ai Caduti di Montecalvo”, discendente, per parte femminile, di S. Pompilio M. Pirrotti, imperneato sulle valorose gesta patriottiche del popolo montecalvese e sul sacrificio del figlio Ottavio,morto nel conflitto a causa del siluramento del somergibile Minas il 15 febbraio 1917. [Nativo]
Giovanni Bosco Maria Cavalletti
-
Il castello ducale Pignatelli
[Ed. 00/09/2017] Il castello ducale Pignatelli, costruito nel punto più alto del paese, deve il nome dagli ultimi suoi feudatari ovvero ai duchi Pignatelli di Montecalvo. Il castello, costruito con buona probabilità sui resti di un precedente fortilizio romano, viene per la prima volta menzionato nella Cronaca di Alessandro Telesino, a mezzo della quale si apprende che, nel 1137, Ruggero II si accampò nei pressi durante il suo viaggio in direzione di Paduli. Dell’impianto originario del castello sono rimaste solo poche tracce a causa del terremoto del 1456. Le strutture oggi visibili, oggetto di un recente e profondo restauro, sono quelle di cui alla ricostruzione voluta dalla famiglia Pignatelli e poi di quella dei Carafa. Al castello si accede per il mezzo di un artistico portale in pietra arenaria risalente all’anno 1505 e delimitato da due belle colonne ioniche antistanti in rilievo le quali sorreggono un frontone rettangolare nel quale è ben visibile lo stemma della famiglia Gagliardi. Il portale immette al cortile interno dove un successivo portale archivoltato conduce ad uno degli ambienti ubicati al piano terra. All’esterno sono ancora ben visibili una splendida torre di forma cilindrica, contraddistinta dalla presenza di una cisterna, con annesso pozzo, situata al primo livello, e le cortine murarie che circondano tutta la corte interna del castello. Esse risalgono sia al periodo rinascimentale che alla più antica struttura difensiva di origine medioevale, che all’origine era costituita dalla torre circolare e da un recinto fortificato.
[Crediti│Testo - Tripadvisor]
Salvatore M.
-
Il complesso architettonico chiesa e ospedale di S. Caterina
[Ed. 20/11/2004] Il complesso architettonico Santa Caterina, venne concepito ed edificato dai Cavalieri Montecalvesi del Sacro Ordine Gerosolimitano (Cavalieri di Malta) che di ritorno dalle Crociate diedero vita ad un Ospedale , con annesso Monastero, dedicato a Santa Caterina d’Alessandria, Vergine e Martire, e il cui culto venne portato in Occidente proprio dai Crociati.
L’Ospedale è tra i più antichi dell’Ordine dei Cavalieri di Malta, ed ha funzionato regolarmente, salvo i vari terremoti, fino agli inizi del XIX Secolo, com’è comprovato dalle numerose visite pastorali dei vari Metropoliti di Benevento, a cui questa terra è legata culturalmente, politicamente e storicamente da sempre, godendo così delle stesse eccezionalità del Ducato Beneventano facendone così un unicum nel Regno di Napoli fino all’Unita di Italia.
Nel 700 e concomitante con gli eventi Giubilari, Montecalvo ospitava buona parte dei Pellegrini che attraversando la Diocesi, si recavano a Roma, per il fatto che poteva contare su due Ospedali (S. Caterina e Annunziata). Nel XVI Secolo il complesso Architettonico di Santa Caterina apparteneva all’Ordine Agostiniano e retto dal Beato Felice da Corsano (Corsano attuale contrada di Montecalvo e un tempo Feudo assestante) a cui devesi una delle riforme più importanti allo interno della Chiesa cattolica “Delicetana”, con la creazione di svariati Conventi. Il Beato Felice da Corsano, morto in odore di Santità, fu venerato in vita e in morte ed ebbe fra i suoi maggiori cultori S. Gerardo Maiella e Sant’Alfonso Maria dei Liguori.
La grandiosa struttura, addossata alle mura Medioevali, sorge maestosa su più livelli. Il livello più basso si svolge sulla Lungara Fossi dove sono visibili e praticabili ampi locali e su cui svetta una Torre quadrangolare. Dalla sovrastante Via S. Caterina e ancora visibile il portale di ingresso al Monastero e alcuni locali con finestratura che furono riempiti col materiale di risulta degli abbattimenti eseguiti a seguito degli eventi sismici del 1930 e del 1962. Nel 1962 furono completamente rasi al suolo il complesso monastico superiore e la Chiesa, sulla cui pavimentazione, cementata, venne posizionata una baracca in ferro, ancora oggi esistente e abitata da due nuclei familiari,
L’intervento di recupero si rende praticabile e auspicabile , con la eliminazione della baracca, il completo svuotamento dei locali interrati che in uno ad una introspezione archeologica, porterebbero alla luce i locali del complesso più antichi, nonché il recupero del materiale della demolita Chiesa.
L’ampio spiazzo, recuperato ad una funzione di pubblica fruibilità , consentirebbe il recupero pressoché completo di una delle zone piu belle ed integre del Centro Storico (Via S. Caterina) in gran parte abitata e con la presenza di porte e mura medioevali ancora praticabili. Con questo intervento si porrebbe fine ad un colpevole disinteresse per un Monumento straordinario della storia civile e religiosa del nostro paese. [Nativo]Antonio Stiscia
-
Il Trappeto
[Ed. 18/12/2004] Dalla via Dietro Carmine, che costeggia il lato Est della Chiesa, si diramano le vie Sotto Carmine ed Angelo Cammisa.
Tra i vari fregi e portali che arricchiscono la zona e degna di nota la chiave di volta in Via Angelo Cammisa che rappresenta la Morte in una figura scheletrica armata di falce.
Con ogni probabilità essa vuole essere l’agghiacciante testimonianza della terribile peste del 1656. In quell’occasione il feudo di Corsano (oggi tenimento di Montecalvo) fu interamente distrutto al punto che i pochi superstiti si rifugiarono in Montecalvo fermandosi, prevalentemente, nella zona detta del Trappeto ove si diedero a scavare nel tufo numerose grotte che bene si prestavano alle loro esigenze (e probabile comunque che le nuove caverne si aggiunsero ad altre preesistenti). Sfruttando le stesse come retroabitazioni, essi diedero vita a quella particolare forma di edilizia che ancora oggi, nonostante i recenti crolli, fanno del Trappeto una delle zone più caratteristiche di Montecalvo.
Con il nome Trappeto si indica la zona delimitata da Corso Umberto a Nord, da Chiassetto Caccese ad Est, da Via Trappeto a Sud e dalle vie Angelo Cammisa e Sotto Carmine ad Ovest. Essa e costituita da Via Sottomonte, che corre parallela a Corso Umberto, ma ad un dislivello di circa una decina di metri e si chiude con le vie Sotto Carmine ed Angelo Cammisa ad Ovest.
Tutto il complesso del Trappeto e adagiato lungo il pendio sud della collina e guarda gli anfratti della Costa e di Valle Paduli dai quali e separato dal Fosso Palumbo.
Oltre agli sbocchi in Piazza Carmine ed in Chiassetto Caccese, da cui si ha una splendida panoramica dell’intero complesso, il Trappeto e collegato anche con Corso Umberto attraverso stretti passaggi coperti ed alcune scalinate in pietra scalpellata.
In Chiassetto Caccese, incastonato sullo spigolo del palazzo Siniscalchi, e collocato il leone in pietra dalla doppia pupilla in atto di sbranare un essere umano, esempio di fattura altomedievale e nell’arte cristiana classica rappresentazione del Bene e del Male. Dopo aver ammirato gli innumerevoli fregi e portali che arricchiscono le strade ed i vicoli, la passeggiata nel centro storico si puo concludere con la visita, in via Lungara Fossi, degli imponenti ruderi dell’ospedale di S.Caterina.
Immagine: acquerello del pittore Domenico Albanese
Giovanni Bosco Maria Cavalletti]