Persone

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    Padre Domenico De Marco

    Armando Montefusco.

    [Edito 05/10/2023] A fine Ottocento , ormai il Convento dei PP.Liguorini , era diventato una realtà molto attiva e protagonista nel contesto socio- religioso della città. Un momento particolarmente importante si ebbe comunque quando alla guida della comunità  venne designato padre Domenico De Marco, un irpino di Montecalvo. Padre Domenico de Marco (Domenico Ascanio Michele) nacque a Montecalvo irpino il 23 gennaio nel 1841 da “ nobile, ricca e pia famiglia”.1 I genitori erano Giovan Battista De Marco Notaio e Maria Michela Elisabetta Capozzi. Dopo aver compiuto i primi studi nel seminario di Nusco, entrò nella congregazione dei Redentoristi dove fu ordinato sacerdote nel 1863. Insegnò nei Collegi di Troia (FG) e Torremaggiore (FG) e, alla morte di Padre Lanzetta (30 ottobre 1888), fu trasferito ad Avellino, per insegnare filosofia. Profondo conoscitore delle opere di S. Tommaso, S. Agostino e S.Alfonso , fu molto apprezzato per la sua dottrina:  con lui amavano confrontarsi insigni prelati e dotti filosofi. Ad Avellino padre De Marco rimase più di vent’anni, fino alla morte avvenuta il 10 giugno 1914. Egli lasciò una impronta duratura nella comunità , dapprima come insegnante e poi, come Superiore, dal 1900 fino alla morte. Agli inizi del Novecento, la chiesa del complesso monastico era , nelle linee essenziali, ancora quella costruita da Mons. Adinolfi nel 1842. Essa era stata opportunamente ristrutturata, ma certamente non era più adeguata ad accogliere un flusso di fedeli che aumentava costantemente. Padre De Marco si fece interprete di queste esigenze e concepì l’idea di edificarne una nuova , inglobando l’antica cappella  nel rispetto del  primo benefattore. Il progetto venne condiviso dai superiori , che si prodigarono per reperire i fondi. Nè venne a mancare l’aiuto di amici del De Marco, quali l’arcivescovo di Amalfi Enrico de Dominicis, che contribuì in maniera piuttosto consistente.2 L’esecuzione dei lavori venne affidata all’ingegnere Domenico Mazzei3, su disegni concepiti dallo stesso padre de Marco:” La simmetria del disegno , la vaghezza della decorazione , la proprietà e il compimento di ogni cosa, e l’aura mistica e silenziosa, tutto é dovuto al P.De Marco”.  I lavori vennero completati nel 1909. Il 15 settembre  (XV KAL Octob.) il vescovo Giuseppe Padula consacrava solennemente la “Chiesa dedicata al Redentore, in onore della Vergine Addolorata e di S. Alfonso”. Una “foto di gruppo” con al centro il vescovo Padula e padre de Marco, circondati da altre dignità dell’ordine, studenti e frati laici, immortalò il solenne avvenimento.   La chiesa , che nella condizione originaria non aveva il porticato che copre il sagrato (costruito più tardi),  appariva notevolmente slanciata . La facciata , in mattoncini rossi “a vista”, era scandita da un “Rosone” all’altezza dei tetti, più giù, un finestrone con arco a sesto acuto e quindi il portone d’ingresso. L’unica navata era illuminata da ”Rosoni e Finestroni” , decorati con artistiche vetrate colorate  che riproducevano soggetti religiosi. Il soffitto e le pareti laterali si “intrecciavano” in una armonica combinazione di archi a sesto acuto decorati con stucchi . Gli archi del soffitto “poggiavano” su capitelli sorretti da colonne adese alle pareti  laterali . Entrando in chiesa , a destra e sinistra dell’ingresso c’erano due “eleganti” lapidi marmoree, costruite nello stesso stile, che ricordavano “momenti” della fondazione della chiesa : in particolare , quella a sinistra  il contributo dell’arcivescovo de Dominicis per la realizzazione dell’opera, l’altra , con lo stemma dei Redentoristi,  il giorno della consacrazione. Sull’ingresso insisteva la Cantoria dove alloggiava l’organo. In “capite navis” c’era l’altare maggiore , circoscritto da una balaustra in marmo ed illuminato da tre “Rosoni”  e due “Finestroni”,che, decorati con artistiche vetrate colorate, producevano un suggestivo effetto di luci. Fra i due finestroni c’era una nicchia con la statua del “Cuore di Gesù”.  A sinistra c’era l’ingresso alla sacrestia. Poco oltre la balaustra che circoscriveva l’altare maggiore, sulla sinistra, c’era un singolare pulpito in legno, che nella parte inferiore veniva utilizzato come confessionale. Lungo le pareti laterali c’erano due altari: a sinistra quello dedicato a S. Alfonso e a destra quello dell’Addolorata , che ricordava la “Cappella Adinolfi”. Presso l’altare di S. Alfonso c’erano i simulacri di S. Clemente Hofbauer (Austria 1751-1820) e S.Gerardo Maiella (1726-1755) , entrambi “Campioni” della Congregazione dei Redentoristi .Oltre all’immancabile “reliquia” di S. Alfonso, Padre de Marco dotò la chiesa delle sacre reliquie di S. Caterina e S. Valerio, a cui si aggiunsero, dopo, quelle del Beato Felice4. [Nativo]

    1. La famiglia De Marco è documentata a Montecalvo già nel secolo XVI. Molti personaggi di questa famiglia occuparono posti di rilievo nella vita amministrativa e religiosa della comunità (Cfr. G.B.M. CAVALLETTI e G. LO CASALE, Fonti per la Storia di Montecalvo Irpino, (2 voll), 1985, vol.I, pag.151)  ↩︎
    2. Vedi lapide posta a sinistra dell’ingresso principale. ↩︎
    3. Cfr. Corriere dell’Irpinia , 11 aprile 1959 ↩︎
    4.  Il Beato Felice da Cursiani (sic) era un monaco agostiniano vissuto nel sec. XV, che predicava un ritorno al monachesimo delle origini. Le reliquie del Beato Felice, contenute in una cassetta di legno, dopo vari “passaggi” e vicissitudini, furono trasportate da Roma ad Avellino dal padre Redentorista Giovanni Palmieri. ↩︎

    [Crediti│Foto: derivesuburbane.it/]

  • Cultura,  Il nostro passato,  Persone

    Ricordo di mio padre Silvestro Siciliano

    Angelo Siciliano

    [Edito 23/11/2015] Mio padre Silvestro Siciliano (21.11.1924 – 15.11.1949), fu contadino e bracciante comunista di Montecalvo Irpino (Av) e risolse la sua esistenza nel mese di novembre, in cui nacque e morì.
    Josif Stalin, protagonista della rivoluzione bolscevica del 1917 e poi dittatore dell’URSS dal 1924 al 1953, si liberò negli anni Trenta di intellettuali, compagni, dissidenti, oppositori e comandanti dell’Armata Rossa, attraverso le terribili “purghe” che fecero almeno 800.000 morti.
    La gente scherzava dicendo: “Adda minì Baffone!”. Questo per via dei lunghi baffi di Stalin.
    Mio nonno Angelomaria Siciliano (28.2.1882 – 4.1.1939), contadino, che io non conobbi, era il saggio della contrada Costa della Mènola, a Montecalvo Irpino, dove passava tanta gente che andava a lavorare la terra nei valloni. Viveva con la famiglia nel casino di campagna, detto “Casino di Minòcchio”, dal soprannome del commerciante di ferramenta che glielo vendette e che aveva il negozio, “la putéja”, all’imbocco di Via S. Caterina, “Via di la Chjazza di sótta”, dietro la Chiesa del Santissimo Corpo di Cristo, abbattuta assieme al convento di S. Caterina d’Alessandria dopo il terremoto del 1930. “Minòcchio vinnéva puru li ssanguètt” per il salasso di chi stava male e “l’allivàva ‘nd’à la funtana d’acqua ‘ndrijanèddra, da còpp’a l’uórtu”. Come toponimo è rimasto “La funtan’a li ssanguètt”.
    Attorno al focolare e durante i lavori nei campi egli raccontava storie lette nel libro ‘I reali di Francia’ dello scrittore medievale Andrea da Barberino, Andrea Mengabotti o Andrea de’ Mengabotti (Barberino Val d’Elsa, 1370 circa – 1432 circa), che probabilmente aveva comprato a Napoli all’inizio del Novecento, in uno dei suoi tre viaggi di andata e ritorno dagli USA, dov’era emigrato per lavoro.
    Leggendo questo libro, egli s’ispirò, per il nome di mio padre, alla figura di Papa Silvestro I, papa all’epoca dell’imperatore Costantino dal 314 al 337, fatto poi santo. Se fosse nato femmina, l’avrebbe chiamata Anastasia, come la granduchessa russa (1901-1918), quartogenita dello zar Nicola II e della zarina Alessandra, uccisa assieme a tutta la famiglia per ordine dei bolscevichi.

  • Canti popolari di tradizione orale,  Commiati,  Persone

    Addio a ‘Zi Liberato, messaggero della musica di tradizione

    Francesco Cardinale

    Montecalvo Irpino AV – L’organettista Liberatore Russolillo, meglio conosciuto come ‘Zi Liberato, è stato un vero monumento della musica popolare montecalvese, rappresentando una delle massime e più genuine espressioni della cultura orale locale.
    Di questa straordinaria icona popolare si potrebbe scrivere a iosa, ma mi limiterò ad alcune considerazioni personali, chiedendo scusa sin d’ora se non menzionerò le decine di persone che si sono interessate e hanno contribuito a trasformare Liberatore Russolillo in una sorta di leggenda vivente.

    Già trombettiere durante il servizio militare, ‘Zi Liberato aveva coltivato la passione per la musica sin da giovanissimo. Grazie a una incredibile e longeva carriera, è stato possibile recuperare suoni, canti e modi di dire ancor prima che la musica popolare si propagasse attraverso i media come la radio e la televisione.

    Ha partecipato a trasmissioni televisive, girato documentari, concorsi, sagre, matrimoni, insomma: non si negava a nessuno. Amava esibirsi con il gruppo delle Pacchiane. Era solito iniziare le sue performance con il suo ormai celebre motto: “Bandiera vecchia, onore di Capitano[1]. Fuoco!”

    Grazie ad Angelo Siciliano, Liberatore Russolillo fu sdoganato da un ambito paesano per assurgere ad una notorietà anche oltre i confini nostrani. Il ricercatore, circa 15 anni fa, volle conoscere Liberato a tutti i costi, convinto che fosse proprio lui l’ultimo depositario della tarantella montecalvese. Infatti, insieme a chi scrive, lo aspettammo al mercato settimanale dove ‘Zi Liberato era solito recarsi con il suo immancabile motocarro  per poi proporgli una seduta di registrazione a casa mia.  Quest’ultima è diventata nel frattempo virale, poiché i suoi video sono ancora tra i più visti sul canale YouTube di irpino.it.

    Tra le tante persone che lo hanno amato e intuito il suo potenziale, e che hanno contribuito a fargli rivivere una seconda giovinezza, non va dimenticata la promotrice Lucia Cafazzo che lo propose alla trasmissione televisiva “La Corrida”, e il musicista Valerio Ricciardelli che lo incluse nei suoi spettacoli.
    [Crediti│Foto: Angelo Siciliano]

    [1]In riferimento al suo strumento ultracentenario

  • Cultura,  Persone

    Benito Caruso artista del legno

    Francesco Cardinale

    Benito Caruso, pittore e scultore nato a Montecalvo Irpino nel 1943, è stato un artista del legno di cui, probabilmente, la considerazione nella comunità in cui ha operato non ha avuto riscontro pari alla sua arte. Allo stesso modo, non si può dire che la stampa locale abbia dedicato un adeguato spazio alla sua opera.

    Benché abbia frequentato un corso di grafica e pittura, può essere considerato un autodidatta. Le sue opere sono nate grazie a un’innata indole creativa. Ha ottenuto premi e riconoscimenti di rilievo, fra cui l’Oscar dell’Arte del ’95, i titoli di Cavaliere dell’Arte e Magister Artis.

    E’ stato recensito da numerosi critici su giornali, riviste e volumi d’arte. Egli amplia il suo gesto creativo formulando sculture di chiara dizione sociale e, con garbo, sottolinea la sua frase sull’amore universale M. Belgiovine. Il pittore Caruso riesce a comporre una delicata allegoria fatta di simboli ma anche di un cromatismo teso a valorizzarlo […] R. Biancalani. […] Dall’amore per le cose del creato cosi come Dio le ha fatte, scaturisce questo suo canto d’amore verso creature considerate nella loro funzione essenziale di essere viventi, sia che appartengono al regno animale , sia che appartengono al regno vegetale […] C. Nastro

    Benito Caruso è venuto a mancare  il 19 novembre 2019 .

     

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    L’ing. Tonino De Cristofaro non e’ piu’ tra noi

    [Edito 14/09/2013] Questa mattina è venuto a mancare all’affetto dei suoi cari e dell’intera comunità montecalvese l’ing. Antonio De Cristofaro, per gli amici Tonino di Argentina. Era benvoluto da tutti e tutti ne apprezzavano l’educazione e la disponibilità sia professionale che umana. Era professore di matematica e costruzioni presso l’Istituto tecnico di Ariano Irpino e tutti gli studenti lo apprezzavano e lo stimavano. Si era ammalato sei anni fa e per le cure a cui si è dovuto sottoporre è stato costretto ad assentarsi dal lavoro per qualche tempo, ma ha tenuto i suoi studenti sempre in un angolo del suo cuore. Ultimamente proprio un gruppo dei suoi allievi ha voluto festeggiarlo e incoraggiarlo a continuare a combattere la malattia che lo aveva colpito. Erano raggianti tutti quella sera e ancor più il prof. Tonino. che trovava nell’affetto della sua famiglia, del suo nipotino e dei suoi cari allievi l’energia per continuare a lottare e a credere nelle cure a cui periodicamente doveva sottoporsi.

    Ha esercitato per molti anni anche la professione di ingegnere con competenza e professionalità, che ultimamente, però, aveva dovuto abbandonare. Lascia un vuoto incolmabile nella sua famiglia e nella comunità. Alla moglie Annamaria, ai figli Maria Gabriella e Giovanni con la moglie Attilia e il piccolo Antonio vanno le più sentite condoglianze di tutta la redazione di Telemontecalvo e de L’informatore del Miscano. I funerali si svolgeranno domani 15 settembre presso la chiesa del Carmine alle ore 11. [Nativo]

    Readazione

    [Crediti│Testo: Tele Montecalvo]

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    Addio a Giuseppe Camerlengo

    Redazione

    [Edito 00/10/2013] Il dottore Camerlengo era molto noto in paese in quanto è stato il medico di famiglia di tanti Montecalvesi nel corso della sua lunghissima carriera esercitata con impegno e professionalità. Ha partecipato attivamente anche alla vita politica ed è stato consigliere comunale negli anni ottanta. Lascia la figlia Lucia e la moglie AnnaMaria, alle quali esprimiamo il più sentito cordoglio a nome di tutta la redazione di Telemontecalvo e de “L’informatore del Miscano”. [Nativo]

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    La morte di Padre Filippo Lucarelli

    Alfonso Caccese

    [Edito 29/01/2023] Montecalvo Irpino AV – Era in ritiro spirituale nel convento Sant’Antonio a lui tanto caro a Montecalvo Irpino ed è qui che si addormentato per sempre stroncato da un malore nel cuore della notte. Padre Filippo Lucarelli, 90 anni, (ritratto in questa foto bellissima e sorridente di Franco D’Addona), grande trascinatore della comunità montecalvese, non c’è più. Ad annunciare per primo la sua triste e scomparsa con grande dolore il gruppo San Pompilio Pirrotti attraverso la pagina facebook.“Questa notte è salito al Padre, presso l’oasi Maria Immacolata di Montecalvo Irpino, Padre Filippo Lucarelli. La comunità parrocchiale San Pompilio Maria Pirrotti si unisce alle preghiere e si stringe con affetto ai Frati Minori della Provincia Sannito-Irpina “Santa Maria delle Grazie. Sempre cordiale, disponibile e generoso. Un uomo esemplare prima di essere frate.
    Al suo impegno e alla sua grande determinazione si deve la realizzazione della meravigliosa struttura dedicata a San’Antonio all’ingresso del paese, che negli anni ha rappresentato la storia di tante generazioni. Un gioiello prezioso, curato nei minimi dettagli proprio grazie alla sua instancabile opera, un complesso che ha ospitato personaggi illustri da tutto il mondo. [Nativo]

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    LA VITA NON È BELLA SE NON SPESA PER LA CARITÀ

    Apprendo questa mattina, con grande dolore, della serena morte di Suor Nunziantina Tripi, per molti anni a servizio della Comunità di Montecalvo Irpino. Suor Nunziatina giunse a Montecalvo in sostituzione di Suor Mercedes che, dopo anni di generoso impegno apostolico, per volere dei superiori, andò a servire come superiora, i malati nella comunità a Spoleto. Una vita intera spesa per servire il Signore e i fratelli. Era nata a Leonforte (EN) il 30 settembre 1943 e a soli 14 anni entrò come aspirantina nell’Istituto delle Suore della Sacra Famiglia di Spoleto. Ha svolto la sua missione in diverse Comunità, principalmente come insegnante di Scuola Materna, come valido aiuto nel servizio verso le disabili e nella preziosa opera pastorale delle Parrocchie. A Montecalvo Irpino è giunta dopo aver servito già numerose comunità: Montepulciano, Agira, Acquasparta, Abbadia, Tuoro sul Trasimeno, Norma, Pozzuolo Umbro, Apollosa, Borgo Trevi, Cannaiola, Montepincio, Palermo.
    Si ambientò subito nella nostra comunità assorbendone usi e costumi che lei scopriva genuini e veri e per questo autentici e graditi. Spesso la nostra società ci porta a qualificare le persone per l’efficientismo dinamico del vivere quotidiano, giudizio non sempre garantista dell’autenticità di una persona. Suor Nunziatina era di carattere docile, silenziosa, negli ultimi anni lenta nei gesti fisici, indicatore di problematiche di salute, che con il tempo sono andate sempre più ad aggravarsi, ma questo non le impediva di avere un suo modo personalissimo di essere prossimo a chiunque l’avvicinasse. Si sentiva mamma verso gli altri e, con amore materno, riversava attenzioni cariche di preghiere, gesti, parole e soprattutto sguardi. Lei equilibrava la vita della piccola comunità delle Suore della Sacra Famiglia di Montecalvo Irpino durante gli anni del suo servizio di superiora della casa composta da Suor lsolina e Suor Geromina.
    Ha curato i percorsi in preparazione al matrimonio di tutti i giovani sposi montecalvesi, ha animato il nutrito gruppo delle zelatrici per la visita domiciliare della cappellina della Sacra Famiglia. È stata guida spirituale per tanti che avevano bisogno di consigli e parole di conforto. Amava cucinare e pur non riconoscendosi adatta ai fornelli, s’impegnava a garantire a me e alle consorelle un pasto quotidiano, occasione per parlare, condividere e programmare la vita pastorale della comunità Una missione che ha portato avanti anche dopo la sua partenza da Montecalvo. Tanti hanno continuato a ricevere sue telefonate, attraverso le quali si informava di tutto e di tutti. Il suo amore per la musica la portava spesso a suonare il vecchio armonium a pedali della chiesa di San Nicola. Questo è quello che vedono gli uomini ma ancora più grande è quello che vede Dio. Anche se per motivi di riservatezza non posso dire molto, mi è impossibile tacere su un gesto che l’ha resa grande ai miei occhi. In un momento storico molto delicato, si è offerta “vittima d’amore” per la sua Montecalvo, offrendo a Dio la sua sofferenza quotidiana per il bene delle persone che lei amava e per la nostra Comunità che non ha mai dimenticato e per la quale ha donato la vita.
    Domenica scorsa, Giornata Mondiale del malato e anniversario della Madonna di Lourdes, era sulla sua carrozzina al Santuario della Madonna della Stella, insieme ad altri malati. Nulla faceva presagire una morte imminente. A me piace immaginare la Madonna dirle con la stessa dolcezza con cui parlò a Bernardetta Soubirous, “vuoi avere la gentilezza di venire da me dopo una vita bella trascorsa a servizio del tuo Sposo e mio Figlio Gesù?‘.
    Il Signore l’ha colta nel sonno, in piena notta prima dell’alba facendole riaprire gli occhi in quel Paradiso di luce infinita, gesto di delicato amore per una figlia che ha saputo vivere di un amare
    grande.
    Alla Madre Generale, all’ Istituto delle Suore della Sacra Famiglia, ai suoi familiari e alla Comunità tutta di Montecalvo Irpino, giungano, in questo momento la mia vicinanza e l’invito a ringraziare Dio per questa sua fedele discepola che, dopo essere stata purificata dalla sofferenza, sono certo non può non essere stata accolta dallo sposo divino e accompagnata a sedersi al banchetto eterno
    preparato per coloro che lo hanno amato. Gioisco nell’immaginarla abbracciata al suo caro Padre Fondatore, il beato Pietro, in un afflato eterno. Grazie Suor Nunziantina per il bene che ci hai voluto.

    Don Teodoro Rapuano

    [Crediti│Foto: G.B.M. Cavalletti]

  • I confinati,  Persone

    Bogomilla Kravos

    Mario Aucelli

    [Edito 21/02/2023] Bogomila Kravos, figlia minore di Josip – Giuseppe Kravos, è nata a Trieste il 12 gennaio 1948 ed è  curatrice della sua memoria. Si è laureata in Lingue e letterature moderne con una tesi dal titolo: Josip Kravos – vita e opere e si è specializzata in teatralogia all’Università di Lubiana con una tesi sui generi teatrali minori, dei quali il padre è stato protagonista nell’ambito dell’attività clandestina slovena negli anni ’30.

    Ha insegnato lettere nelle scuole secondarie di secondo grado, ma dagli anni ’90 si dedica alla ricerca sul teatro e la critica teatrale, coaudiuvando anche attività culturali in alcune associazioni triestine. In qualità di studiosa collabora con i teatri ed i Musei teatrali di Lubiana e Trieste. Tra i lavori pubblicati è fondamentale la sua monografia sul teatro sloveno di Trieste (Slovensko gledališče v Trstu 1945-1965, Slovenski Gledališki Muzej, Ljubljana, 2001), un libro sulla vita di un’attrice slovena (Zlatina leta v tržaškem gledališču. Po pripovedi igralke Zlate Rodošek zapisala Bogomila Kravos, Ed. Lipa, Koper, 2003) e il volume sulla nascita di una compagnia teatrale (Narodni dom pri Sv. Ivanu [a cura di e alcune voci], Trst: Skd Škamperle, 2007). Altri scritti vengono pubblicati su giornali e riviste slovene. Di rilievo anche la sua opera di mediazione del teatro italiano nell’ambito della cultura slovena. Oltre ad articoli sulla commedia dell’arte, su Giorgio Strehler, sul teatro di Carlo Goldoni, Luigi Pirandello, Eduardo De Filippo, ha tradotto e curato l’edizione slovena del Mistero buffo di Dario Fo (Dario Fo, Burkaški misterj, Ed. Didakta Radovljica 1988) [Nativo]

    [Bibliografia di riferimento]
    [M.Aucelli, Il fascismo a Montecalvo Irpino, Irpinia Libri, Monteforte Irpino AV, 2019]

  • Commiati,  Persone

    Inaspettatamente è venuto a mancare Petro Puopolo

    Francesco Cardinale

    Ariano Irpino AV – È venuto a mancare in Francia a Parigi dove si era recato per sottoporsi ad un delicato intervento chirurgico Pietro Puopolo, uno dei più prolifici e geniali imprenditori irpini degli ultimi decenni, nonché re incontrastato della ristorazione e dell’intrattenimento in generale. Titolare del complesso turistico-alberghiero “Incontro”.

    Nato a Montecalvo Irpino nei primi anni cinquanta del secolo scorso, precisamente nella contrada Tressanti, al confine con Ariano Irpino, lasciò presto il paese per trasferirsi al nord. Mosse i primi passi alla discoteca “Il Picchio Rosso” in quel di Modena. Fu proprio quell’esperienza che, tornato al paese, anticipando i tempi, nel giro di pochi anni lo portò ad aprire una radio, “Radio Ariano Centro”, una discoteca, “Cocco Club”, e una pizzeria, “L’angolo”. Nel corso degli anni a venire, ha praticamente monopolizzato il settore ricreativo e ricettivo di questa parte dell’Irpinia, al confine con la Puglia. La grandezza di Pietro risiede proprio nel non facile compito di elencare tutte le attività che ha avviato, rilevato e gestito. Tra l’altro, tutte portate all’apice del successo. Ha avuto doti innate che poche persone possono vantare. Il coraggio e quel pizzico di follia, specialmente nel periodo iniziale, che ha compensato a costo di chissà quali sacrifici, lo hanno portato a diventare un punto di riferimento per coloro che sono venuti dopo. Non potremo mai dimenticare le numerose volte in cui, entrando nel suo locale sempre pieno sino all’inverosimile, chiunque fossimo, si recava presso il nostro tavolo e ci salutava uno per uno. Al ritorno, non dimenticava mai di toglierti il piatto dove avevi appena finito di mangiare, come avrebbe fatto uno qualsiasi dei suoi camerieri. Forse questa è stata la sua dote più grande. Raramente lo si vedeva in giro; persona umile e riservata, preferiva trascorrere il suo tempo nel suo ristorante.