Spigolature

  • Poesia,  Spigolature

    A Rosina

    Antonio Stiscia
    Scriver dei versi, ad un vero somaro
    È stato il mio cruccio, più unico che raro

    E quando ho saputo che era asinella
    La rima si è sciolta più sinuosa e bella

    Si chiama Rosina, ed è incoraggiante
    Dalle lunghe orecchie e dal passo ondeggiante
    È la regina indiscussa della Contrada Cesine
    Custode gelosa di tante piccole stradine

    Esempio di forza e di sopportazione
    Di lavoro incessante e di dedizione
    Graziosa e gentile la dolce asinella
    Col suo andar lento, sotto l’umile sella

    Compagna di fatiche e discreta confidente
    Testimone di drammi e conduttrice prudente.

    Il progresso ne ha segnato la messa in pensione
    Sostituita dalle macchine e con un nuovo padrone

    In un mondo che è tutto falso e taroccato
    Dove l’ignorante è quasi sempre laureato
    Ci piace pensare che se la cultura, è dell’uomo la buccia
    Per conservarla bene, dobbiamo perseguire la ciuccia

     

    [Nativo]

  • Cronaca,  Spigolature

    Montecalvo, il parroco dice “no” alla benedizione dell’asina ed è polemica

    [Ed. 07/07/2008] Montecalvo Irpino AV – Quantomeno strano che un simpatico asino diventasse oggetto di polemica tra il parroco ed un’intera contrada.
    Il buon vecchio asinello, che trova spazio ed onore anche nelle più alte “cronache” cristiane, ultimamente attraversa tempi difficili.
    Fino a 50 anni fa era un ottimo e diffuso mezzo di trasporto, oggi con l’arrivo dei mezzi meccanici, rischia addirittura l’estinzione.
    Grazie al palio delle contrade, a Montecalvo, è scoppiata una sorta di gara di solidarietà: i diversi rioni del paese stanno adottando un asino da far correre.
    Asini che, una volta avviata la riproduzione, possono ritrovare una funzione nelle escursioni turistiche lungo i sentieri del Tratturo e ritornare ad essere coprotagonisti dell’economia locale.
    Come dire: il recupero di una tradizione rivista in chiave moderna.
    Ma sembra che non tutti siano d’accordo.
    Una contrada, precisamente quella delle Cesine, quando ha chiesto di far benedire l’animale, si è trovata di fronte al diniego assoluto del parroco che dell’episodio, addirittura ne ha fatto oggetto di predica durante la messa.
    Insomma niente benedizione per la povera Rosina, colpevole di essere un’asina e per giunta delle Cesine!.
    Sembra che il rappresentante della contrada, Nicola Serafino, abbia chiesto al parroco di poter benedire l’animale durante una festa organizzata nella contrada, utilizzando però la parola “battezzare” invece che “benedire”.
    A quel punto è scoppiato il finimondo. «Io ho solo chiesto di benedire un asino, non in chiesa ma nel giardino di casa mia – commenta Nicola Serafino, che specifica di parlare a nome di semplice cittadino e non di assessore al Comune – Chiedere la benedizione di un asino la trovo una cosa naturale, invece mi sono ritrovato ad essere oggetto di una predica in chiesa. Evidentemente, in questo mondo, dominato dal denaro, ho sbagliato a chiedere la benedizione per un povero ed umile animale.
    Sono sicuro che se si fosse trattato della benedizione ad una Ferrari, invece si sarebbero precipitati in molti».
    Non c’è che dire: tempi difficili per i poveri asinelli e pensare che hanno scaldato Gesù nella fredda notte della sua nascita. Intanto Rosina pensa al riscatto durante il palio, ma “Zì Nicola” del Piano non ha nessuna intenzione di mollare lo scettro conquistato l’anno scorso. [Nativo]

    Angelo Corvino

  • Cronaca,  Spigolature

    Alla ricerca delle menti perdute

    Angelo Siciliano

    [Ed. 04/12/2002] Trento – La follia, questa subdola sconosciuta, non fa differenza tra classi sociali o categorie professionali, nel senso che può cogliere chiunque, costringendolo poi ad un calvario personale, talvolta infinito e senza via d’uscita. Tuttavia, per quanto riguarda il suo trattamento e la sua cura, qualche differenza o meglio discriminazione l’ha sempre fatta, nel senso che i matti poveri erano affidati a qualche manicomio e lì gioco forza abbandonati, quelli ricchi potevano cavarsela molto meglio, in qualche clinica privata.

    Quindi, la sventura peggiore per un matto era ed è quella d’essere povero. E la povertà, in questi casi, è sinonimo di solitudine, dimenticanza, abbandono anche da parte dei parenti prossimi, soprattutto quando ad avere il sopravvento è il pregiudizio. Cesare Zavattini diceva che i poveri sono matti.

    Io mi ricordo com’era per i matti del Sud, dove trascorsi la mia giovinezza. Una volta, da ragazzino, assistetti, nel mio paese natio, Montecalvo Irpino, alla caccia data ad un pazzo, un vedovo di mezza età scappato lungo un vallone, tra lu Punticiéddru e la Ripicèddra. Inseguito e braccato come un animale selvatico, da decine di uomini, fu catturato, legato come un salame con una lunga corda, di quelle che si adoperavano per gli asini, e consegnato ai carabinieri davanti alla cantina Pirrotti, dove s’era addensata una folla vociante degna della fiera di Santa Caterina. I carabinieri, si seppe poi, l’avevano affidato al manicomio d’Aversa.

    Di questo matto, negli anni successivi, non si ebbero più notizie. Come di tanti altri matti del paese che, una volta varcato il cancello di un manicomio, erano dimenticati, in quella sorta di reclusorio infernale, e ne uscivano solo da morti. La loro salma non era nemmeno reclamata dalla famiglia. Il funerale avrebbe aggiunto solo altra vergogna e fatto parlare la gente. Ma nel cuore delle madri di quegli sventurati permaneva una ferita che non si cicatrizzava.

    Capitava pure che qualche depresso non finisse in manicomio, perché non era molesto. Se però il suo stato evolveva verso la demenza, allora era trattato come lo scemo del villaggio, diventando per anni lo zimbello di tutti.

    Talvolta la follia irrompe improvvisamente nella cronaca nera, quando ci casca il morto, vittima, come si dice in questi casi, di un eccesso di follia di qualcuno, apparentemente normale o che qualche segno di squilibrio, in precedenza, l’aveva già dato. [Nativo]
    [Credit│"Persone" - Dipinto di A. Siciliano]

  • Cronaca,  Spigolature

    NOZZE SINISCALCHI – COLLABOLLETTA

    Redazione

    [Edito 00/00/0000] Roma – Nell’atmosfera coinvolgente della bellissima Basilica di San Francesca Romana, al Foro Romano di Roma, attorniati da parenti ed amici, si sono uniti in matrimonio il dottor Flavio Siniscalchi e la dottoressa Anna Collabolletta. Dopo il rito religioso gli sposi hanno offerto, agli intervenuti, nei sontuosi giardini di Villa Monte Mario al Trionfale, una raffinata cena. Felicitazioni vivissime dagli amici di Montecalvo all’illustre concittadino professor Alfredo Siniscalchi, Direttore Generale, Capo Compartimento della Presidenza del Consiglio dei Ministri e alla gentile signora Marina Quaranta. A Flavio e Anna auguri e dolcissima luna di miele. [Nativo]

  • Spigolature

    Esercenti nel dopoguerra a Montecalvo Irpino – “Filicetta Cillese”

    Francesco Cardinale

    Montecalvo Irpino AV – Nell’ultimo dopoguerra del secolo scorso gli esercenti erano molto noti, in quanto, a differenza di oggi, c’erano pochi negozi e molta più gente, ragione per cui erano sulla bocca di tutti quando si usciva per fare acquisti. Si comprava quasi tutto in loco, i centri commerciali e la vendita online erano ancora di là da venire. Tra questi, da annoverare Felicetta Cristino, meglio conosciuta come “Filicetta Cillese”, “Cillese” perché originaria di Celle San Vito (FG).

    Felicetta era amabile, disponibile e ti accoglieva con un sorriso, dispiaciuta se nella sua bottega non trovavi quello per cui eri andato. Diceva “aspetta un po’” frugando nel retrobottega, da cui usciva con qualcosa di simile a quello che cercavi. Svolgeva la sua attività in uno spazio di pochi metri quadri, ma pieno sino all’inverosimile. Il suo negozio era situato in posizione strategica, lì dove il mercato finiva; perciò, specialmente per chi veniva dalla campagna, era quasi d’obbligo fare un salto da lei. Vendeva di tutto, cose che oggi risultano impensabili venderle nello stesso contesto.

    La sua gamma di prodotti spaziava dall’oreficeria alle bombole di gas, dagli abitini per la prima comunione ai detergenti, alla stoffa (era anche una brava sarta).L’altro giorno sono passato davanti al suo negozio, in corso Umberto, e ho rivisto la stessa porta che chissà quante volte ho attraversato da bambino. Nella vetrina c’erano ancora alcuni oggetti di quel periodo: bamboline, anelli, un adesivo “Liguigas” e bigiotteria varia.

  • Spigolature

    La ferrovia a Montecalvo Irpino e gli scheletri.

    Angelo Siciliano

    [Edito 08/03/2004] Per quanto riguarda la linea ferroviaria che attraversa il territorio montecalvese, ricordo che negli anni Cinquanta del Novecento, Giuseppe D’Agostino, Pèppu Maglióne, che aveva la masseria sopra la statale 90 bis, alla Malvizza di sotto, raccontava che, scavando delle buche per mettere a dimora delle piante di vite, erano venuti alla luce alcuni scheletri umani. Sosteneva che molto probabilmente si trattava dei resti d’operai, morti per incidenti sul lavoro nella realizzazione della galleria ferroviaria che, dalla contrada Olivara porta verso la stazione di Ariano Irpino. Asseriva che tale galleria era stata realizzata alla fine dell’Ottocento, da maestranze dell’Italia settentrionale.

    Nell’ambito dell’archeologia sociale, sarebbe molto interessante fare una ricerca su questi fatti e sulla realizzazione di questa tratta ferroviaria, che fa parte della ferrovia Napoli – Foggia.

    Sarebbe pure rilevante capire che fine hanno fatto gli studi e i sopralluoghi, di una quindicina di anni fa, che ipotizzavano l’abbandono della linea ferroviaria esistente nella Valle del Miscano, per la costruzione di una ferrovia alternativa nella Valle dell’Ufita. [Nativo]