Cultura

  • Ambiente,  BENI ARCHITETTONICI E PAESAGGISTICI

    La stagione del fiume Miscano

    Francesco Cardinale

    [Ed. 25/11/2010] Il fiume Miscano è una delle risorse naturali più imponenti e suggestive del nostro territorio; non a caso, la nostra valle porta il suo nome. È considerato una fonte inesauribile per itinerari storico-culturali e, quando è in piena, offre uno spettacolo indescrivibile, anche se ciò accade raramente. Tuttavia, è un peccato che sembri interessare a poche persone. L’incuria con cui è stato trattato e viene trattato è un chiaro segno di questo disinteresse. Il suo nome sembra emergere solo in occasione di straripamenti o eventi drammatici come l’incidente recente con l’auto bloccata tra le due sponde. Questa è la sua stagione, anche se per un breve periodo, in cui può riappropriarsi del suo status e tornare ad essere quello che era un tempo: un fiume. [Nativo] Foto Franco D’Addona

  • Cultura,  San Pompilio

    LA DEVOZIONE A S. POMPILIO IN NAPOLI

    Padre Mario Taurino

    [Edito 00/01/2004] Lo Scolopio è il prete dei giovani, l’apostolo dei giovani. Questa missione scaturisce dal carisma del Calasanzio  e dalla conoscenza del Santo Fondatore, dall’operosità di tanti Padri che hanno dedicato la loro vita alla gioventù, dai nostri Santi ed in particolare da S. Pompilio. S. Giuseppe Calasanzio ha portato a Napoli nel 1626 le prime scuole popolari nella zona allora periferica detta la Duchesca. Un Santo riformatore e benefattore della società: educare i ragazzi perché la società abbia buoni cittadini e buoni cristiani. Eppure il suo culto è poco diffuso a Napoli, nonostante esistano tre grandi Centri Educativi e, da tre anni, anche una parrocchia dedicata a lui nella chiesa annessa alle Scuole Pie nel quartiere di Fuorigrotta. S. Pompilio Maria Pirrotti ha svolto la sua missione sacerdotale e di educatore a Napoli durante l’anno di noviziato (1728 – 29) nella Casa di Posillipo e poi per 11 anni. dall’agosto 1747 al gennaio 1759, prima nella Casa della Duchesca, poi in quella di Caravaggio a piazza Dante. Quanto buon esempio, quanto zelo e fervore ha profuso per il bene di Napoli, quante iniziative di carità ha inventato per aiutare il popolo e i poveri! Anche S. Pompilio è poco conosciuto a Napoli; eppure è chiamato, giustamente, apostolo di Napoli. I Santi sono nostri modelli e nostri intercessori. E’ giusto conoscerli, diffonderne il culto perché la loro vita sia di sprone a ciascuno di noi impegnato a seguire Cristo e a divenire nel mondo segno di Cristo. Soprattutto ci aiutano a crescere nella disponibilità ad essere in ascolto di Dio. I Santi li amiamo veramente se ogni giorno sappiamo dire “no” alla mediocrità, al compromesso, al quieto vivere, e come loro impariamo a pregare: Signore che cosa vuoi che io faccia? Gesù ce l’ha detto che seguire Lui significa divenire anche segno di contraddizione. Ecco perché tutti i Santi .sono stati ostacolati e perseguitati. Tutto questo significa vivere le Beatitudine evangeliche. Una meta spirituale di S. Pompilio: Dio, Dio e niente più! La conoscenza ed il culto di S. Pompilio a Napoli sono poco diffusi. Mi risulta che viene invocato nelle litanie dei Santi nella Diocesi di Napoli. E’ ricordato presso l’ospedale Cardarelli, il più grande dell’Italia Meridionale. tra gli altri ammalati. Inoltre, mi risulta, che è ricordalo presso una parrocchia a Bagnoli. Nella nostra chiesa calasanziana di S. Carlo all’Arena in via Foria, nella prima cappella a destra entrando, c’è una bellissima statua lignea del Santo. Proprio in S. Carlo all’Arena S. Pompilio compì il miracolo probante per la sua canonizzazione. Nella zona la conoscenza e il culto del Santo sono diffusi. Ogni 15 di mese si ricorda la sua figura nella Santa Messa e ogni ultimo venerdì del mese si celebra la Santa Messa in suffragio dei Defunti, devozione cara e diffusa a Napoli dal Santo. Nella cappella del Santo c’è sempre materiale disponibile per i giovani ed i fedeli per far conoscere S. Giuseppe Calasanzio. Il ven. Glicerio Landriani e S. Pompilio. Durante l’anno scolastico i giovani delle scuole adiacenti sono numerosi nel frequentare la nostra chiesa e anche nel conoscere e chiedere l’intercessione di S. Pompilio. Più recentemente nella nostra parrocchia di Fuorigrotta il padre parroco, P A. Fusco, sta promuovendo la conoscenza e il culto del nostro Santo. E’ un dovere cercare il culto di S. Pompilio perché è stato padre e maestro dei giovani, apostolo infaticabile della divina Parola, dispensatore assiduo del perdono di Dio. Salì con gioia il calvario della sofferenza,l’amore di Gesù e di Maria lo rese santo e lo elevò nella gloria. [Credit foto│Catalogo Beni Culturali]

  • Cultura,  San Pompilio

    VENGO COME ARCIVESCOVO…

    Messaggio dell’Arcivescovo di Benevento, Serafino Sprovieri,  alla Comunità del Santuario a conclusione della sua partecipazione alla Festa del luglio 1992.

    [Edito 00/01/2004] Campi Salentina LE – Vengo come Arcivescovo di Benevento a venerare il Santo che a Montecalvo ebbe i Natale e qui, a Campi Salentina, ha celebrato il suo dies natalis eterno.

    Il primo approccio con la sua figura mi affascina.

    Egli appare culturalmente datato, figlio d’un tempo difficile e confuso, quando prendevano l’avvio quei filoni di pensiero ideologizzati che oggi ingloriosamente si sono accartocciati su se stessi, stringendo il nulla!

    Eppure sembra che un istinto soprannaturale lo guidi verso intuizioni che precorrono di secoli l’evoluzione delle istituzioni e dei costumi: Hic digitus Dei est!

    Soprattutto nel campo educativo. Non fu un predicatore a vanvera, autogratificantesi nell’azione della semina; ma uno che innesta la Parola di Dio dapprima in sé e poi negli altri, coltivandola con amore appassionato da vero educatore, non solo dei giovani, ma anche di tutti gli altri di cui fu saggio direttore spirituale con le innumerevoli lettere.

    Che responsabilità, valorizzare la sua figura, sia per i Confratelli Scolopi che… per il Vescovo di Benevento!

    Redazione

     

  • Cultura,  Fotografia

    Successo per la mostra fotografica “Per non dimenticare”

    [Ed. 00/00/0000]Montecalvo Irpino AV – Enormi emozioni e graditi ricordi ha suscitato la mostra fotografica “Per non dimenticare” , allestita all’aperto al centro del paese. Una mostra fotografica che ha cercato di dare dei flash di quella che può essere stata la vita del nostro paese fissata negli scatti di persone che nel tempo hanno voluto immortalare o documentare, dei piccoli frammenti di vita o le loro piccole storie o paesaggi ed eventi che da oggi entrano di diritto nella nostra memoria collettiva comune. Trattandosi di una mostra fotografica, ovviamente,l’arco temporale coperto va dal 1884, pochi anni dopo l’espandersi di questa nuova tecnica figurativa,ad oggi. Una idea semplice ed economica che ha dato particolare soddisfazioni ai promotori dell’iniziativa promossa nell’ambito della programmazione dell’estate montecalvese. Ma il grande lavoro, dalla raccolta alla rielaborazione grafica , alla esposizione e datazione delle immagini è stato svolto da Franco D’Addona, da sempre appassionato di fotografia e instancabile “fissatore immaginifico ” di piccole scene di vita quotidiana. Di tempo dedicato alla trasformazione di vecchie immagini in file digitali, nella sua piccola work-station ,ne avrà speso tanto, coadiuvato da Ottone Bruschino come lui appassionato di fotografia. Ma visto il risultato , ne valeva veramente la pena. Un flash sul passato innovativo che dà nuova forza agli amministratori della Pro-Loco che hanno voluto questa manifestazione. A Franco D’Addona, il merito di aver voluto mostrare ai nostri occhi offuscati dal presente e assenti nel futuro,la storia della nostra comunità che dal bianconero del 1884 con l’evolversi del tempo si tinge colore fino ad arrivare alla storia recente, ridandoci il senso di appartenenza e di amore verso il nostro paese che travalica qualsiasi divisione e ogni confine ideologico artatamente costruito. [Nativo]

    Redazione

  • Cultura,  Cultura orale

    Luogo della Memoria

    Angelo Siciliano

    [Edito 00/00/00] Da alcuni anni, e per la precisione dal 1987, mi sto occupando di ciò che era la civiltà contadina a Montecalvo Irpino. Dico era, perchè di essa è rimasto poco: ormai qualche frammento che affiora come cunto,detto,filastrocca o canto sulle labbra di qualche anziano che ne è depositario. Tutto è cambiato in paese,ma quella che è irriconoscibile, rispetto ad alcuni anni fa, è la campagna che brulicava di vita, mentre oggi in molte zone essa ha un aspetto selvaggio.E’ cambiato il mondo ed era inevitabile che la cultura orale , fino agli anni settanta,ancora viva e vitale, si avviasse verso un inesorabile declino. Ciò che fino a trenta anni fa era sub-cultura , perchè espressione di una società minoritaria, ha cominciato ad affascinarmi. Gli storiografi che in epoche diverse si sono occupati di Montecalvo, ci hanno descritto le origini del nostro paese e le vicende che vi sono svolte, intrecciate nel tempo con quelle dei nobili che dominavano anche in altre regioni. Io, invece, approfittando delle mie origini contadine, ho scelto la cultura orale. Mi sono calato nella nostra realtà iniziando un lungo viaggio, articolato e affascinante: da un lato una ricerca meticolosa sul territorio per raccogliere fedelmente il materiale folclorico dalla viva voce degli informatori; dall’altro, il recupero e la riscrittura della parte sommersa di essa, non testimoniata, ma vissuta personalmente o percepita nell’ambiente. Il tutto scritto nel dialetto Montecalvese parlato fino alla fine degli anni Sessanta, che era la lingua dei compaesani dell’Ottocento e si era venuta arricchendo di ben 34 parole inglesi importate dai nostri emigranti di ritorno dagli USA. Montecalvo conserva poco delle sue antiche architetture, a causa dei numerosi terremoti distruttivi che l’hanno interessato nei secoli, ma per ricchezza e cultura può essere inteso come un luogo della memoria, sicuramente degno di grande attenzione. [La foto è tratta dal volume Album di Famiglia] [Nativo]

  • Cultura,  Storie di Emigrati

    IL PICCOLO FATTORINO

    Mario Corcetto

    [Edito 15/05/2005] “Prudenza, perché ci sono le targhe bianche!” ricordo di aver sentito dire in un lontano dicembre degli anni settanta al fattorino rivolto all’autista del pullman che ci riportava da Ariano. Egli voleva con questo significare che bisognava guidare l’autobus con maggiore attenzione del solito perché erano giunti in paese, per le vacanze di Natale, gli emigranti dalla Svizzera e dalla Germania, le cui macchine avevano appunto le targhe di colore bianco. Era necessario fare attenzione perché, secondo il fattorino, il pericolo era incombente per la genetica incapacità dei nostri concittadini di guidare una macchina!

    Quelle poche stupide parole, che provocarono una sguaiata risata dell’autista e di alcuni presenti, denotavano un tale disprezzo per gli emigranti che a me, quindicenne figlio di emigrante,  ferì profondamente. Quel senso di superiorità che serpeggiava in chi era rimasto a casa propria, non di rado a costo di vergognosi compromessi con la propria coscienza, svenduta a chi per interessi di bottega faceva mercimonio della cosa pubblica, mortificava profondamente la sensibilità di chi, escluso a priori da ogni leale competizione, doveva anche sostenere gli oneri di quel sistema clientelare.

    L’episodio del fattorino mi è tornato alla mente di recente in occasione di un mio breve soggiorno in Svizzera. Mentre mi aggiravo per il centro del paesino in cui ero ospite vedevo le vetrine addobbate come da noi, con gli stessi prodotti, delle stesse marche, pubblicizzati con gli stessi slogan. Da uno sportello bancario ho potuto prelevare contante con la mia carta bancomat. Le macchine in giro erano uguali a quelle in circolazione da noi, anche i colori delle targhe ora si assomigliavano. I prodotti in vendita nei supermercati erano gli stessi reperibili da noi. I telefoni cellulari usati dalla gente erano delle stesse marche nostre, le suonerie identiche. Molte insegne dei negozi erano scritte in inglese, le altre ovviamente in francese: entrambe le lingue più o meno conosciute, perlomeno nelle parole essenziali, anche da chi ha frequentato uno dei “premiati diplomifici” arianesi. I ragazzi erano in jeans e scarpe da ginnastica, come da noi. Tutto l’insieme contribuiva ad annullare quel senso di disagio che solitamente accompagna chi si trova fuori dal proprio ambiente. Mi sentivo come se fossi in giro per una qualsiasi città italiana.

  • Beni,  BENI ARCHITETTONICI E PAESAGGISTICI

    Ponte di S. Spirito o del Diavolo

    Con questo ponte la Via Traiana superava il torrente di Ginestra alla confluenza con il fiume Miscano. Qui, nel 1970, fu trovata un’epigrafe, oggi collocata nel museo provinciale di Avellino e corrispondente al numero di inventario ventitre. Si tratta di un blocco di pietra (alto 130 cm, largo cm. 87 e spesso cm. 40) che reca incisa l’iscrizione, trascritta ed integrata da Consalvo Grella, ex direttore del museo provinciale di Avellino, “IMP.CAESAR DIVI NERVAE F. NER VA TRAIANUS … AU G. GERM (ANICUS) DACICUS PARTHICUS PONT MAX TR. POT.XX IMP.XIII COS. VI P.P. VIAM TRANSLATAMQUE IMPETU? FLUMINIS …..DESTRATUR. SUA PECUNIA IN. LOCO TUTIORE RESTITUIT”. Ruderi di maggiori dimensioni erano ancora visibili nel 1854, quando lo storico Cirelli scriveva di “una colonna miliaria con numero XVI, benché guasta nell’iscrizione.Tuttora (1854) noi l’abbiamo ocularmente veduti, esistono di tal ponte i ruderi di due archi ed uno intero pilastro”.

    G.B.M. Cavalletti

    [Bibliografia di riferimento]
    [AA.VV., Progetto Itinerari turistici Campania interna: la valle del Miscano, Volume 1 , Poligrafica Ruggiero, Avellino, 1993]

  • Beni,  Beni artistici e storici,  Chiese,  San Pompilio

    Chiesa di San Pompilio Maria Pirrotti

    La chiesa fu edificata in epoca fascista su una parte dell’antico palazzo Pirrotti, di cui occupa alcuni locali a pianterreno. Il suo valore specifico è nel legame al santo, che nacque a Montecalvo nel 1710 e che si distinse per la sua attività in campo educativo e apostolico. La parete esterna della chiesa mostra l’immagine della Madonna di Montevergine, che la tradizione indica come interlocutrice di San Pompilio durante le sue visite in paese. Sulla facciata, caratterizzata da un’accentuata concavità, sono visibili, tra le altre, due lapidi commemorative che riportano gli epigrammi distici elegiaci dedicati al Santo da Papa Leone XIII in occasione della sua visita a Montecalvo nel 1839, nell’ambito del processo di beatificazione. La chiesa conserva alcune statue e tele del XVIII e XIX secolo ed altre opere più antiche dell’edificio stesso, aventi diversa provenienza. Si ricorda l’altare del 1882 , dedicato a S. Niccolò da Tolentino e proveniente dalla scomparsa chiesa di S. Caterina. Dalla chiesa del SS. Corpo di Cristo provengono i due lampadari d’ottone. Della fine del Settecento sono le due statue di S. Pompilio e dell’Immacolata. La chiesa dà accesso all’interessante archivio-sacrario dedicato al Santo, dove, oltre a lettere autografe e documenti vari ( ad esempio i distici di Papa Leone XIII del 1899), sono visibili alcune opere d’arte ed oggetti utilizzati da S. Pompilio. Tra essi la pianeta, il confessionale e l’altare sormontato da una pala raffigurante la “Madonna della Consolazione, San Pietro Martire e il Beato Felice da Corsano”, proveniente alla scomparsa chiesa di S. Caterina o forse la “Madonna dell’Abbondanza, San Francesco di Paola e S. Giovanni di Colonia”. Una leggenda è, invece, legata alla presenza del duplice ritratto ad olio su tela di S. Pompilio (un originale ed una copia) giacché si narra che, nel momento esatto in cui il Santo spirò in Campi Salentina (Le), il fratello Michele sentì bussare al palazzo di famiglia a Montecalvo, ove trovò, appoggiato alla porta, il quadro in questione.
    [Crediti│Testo - CTC Centro turismo culturale │Immagine - Google Maps]

    Redazione

  • Beni,  Beni culturali

       Visita alla casa generalizia delle scuole pie

    [Ed. 01/04/2003] Roma – Visita alla casa generalizia delle scuole pie. Foto Franco D’Addona

    Redazione

    Didascalie 

    • Statua di S. Pompilio M. Pirrotti Venerata nella chiesa di S. Pantaleo delle Scuole Pie.
    • Altare che custodisce il corpo di S. Giuseppe Calasanzio fondatore delle Scuole Pie
    • Il letto ove mori S. Giuseppe Calasanzio
    • Cella di S. Giuseppe Calasanzio – Scrittoio
    • Il reliquiario che conserva, incorotti, la lingua e il cuore del santo di S. Giuseppe Calasanzio
    • Una delle tele di S. Pompilio Pirrotti custodite nella pinacoteca della casa generalizia