Cultura
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Breve storia della rappresentazione della “Zeza” in contrada Tressanti di Ariano Irpino
[Ed. 18/02/2012] Non tutti sanno che la famosa scenetta carnevalesca detta “Zeza”, nota in tutto l’entroterra campano, è conosciuta anche da noi. A portarla nella zona ufitana , nel dopoguerra, fu il professore avellinese Magni, in forze all’epoca presso la scuola elementare di contrada San Nicola a Trignano. L’invito del Magni fu accolto e raccolto di fatto dal fisarmonicista Antonio Lo Conte e dal cantatore Pasquale Iorillo. A loro si unirono da subito anche Pompilio Albanese (detto anche “Santellino”), Ciriaco Lo Conte e Pietro Consolante (detto anche “Cazzarola”). Il gruppo così formato si organizzò alla meglio, sostituì la grancassa con la fisarmonica e il trombone con il sassofono e iniziò a proporre la canzone di Zeza. L’iniziativa ebbe un riscontro molto positivo al punto che, ancora oggi, tra gli abitanti delle contrade di San Liberatore, Tressanti, Mauriello, Cervo e Palazzisi è vivissimo (specialmente tra i più anziani) il ricordo di quell’evento. Solitamente il gruppo si metteva in cammino di buon mattino e, di casa in casa, nel periodo del carnevale si esibiva accanto al tradizionale caminetto o, a volte nel giardino oppure nell’aia. Era un momento di sana allegria e buon umore evidentemente molto apprezzato tanto da indurre i beneficiari dello spettacolo a ricambiare la visita con i regali tipici del carnevale (uova, salsicce, caciotte e altri prodotti tipici frutto della locale produzione familiare). Con i prodotti racimolati con le esibizioni si organizzava la festa dell’ultimo giorno del Carnevale, ovvero del “martedì grasso”. Agli inizi degli anni Sessanta il gruppo si sciolse, per essere successivamente, negli anni Settanta, ripreso nuovamente da Raffaele Iorillo (figlio di Pasquale). Anche questa nuova riproposizione della Zeza riscosse un ottimo successo tanto da essere invitati ad esibirsi in piazza Plebiscito ad Ariano Irpino. Purtroppo a distanza di poco meno di dieci anni anche questa nuova composizione chiuse i battenti quando due dei partecipanti, Antonio Ciriello ed Angelo Pappano, morirono tragicamente e prematuramente in un incidente stradale. Nella PhotoGallery che segue, Raffaele Iorillo e Antonio Lo Conte, Antonio Ciriello, alcuni scatti della rappresentazione. [Nativo] La foto di Antonio Ciriello è di Antonino Giorgione
Francesco Cardinale / Antonio Cardillo
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Il pane di Montecalvo – Duemila anni di gusto
[Ed. 10/01/2005] Quando si parla di pane,si commette sempre un errore ! Il pane si gusta,si apprezza,si accompagna,si intinge,si cosparge,si affetta,si morde,si riscalda,si abbrustolisce,si cuoce,si frigge…,certamente non si legge ! Ma allora perché questo scritto,perché altre inutili frasi che non potranno mai rappresentare l’inebrianza dell’olfatto e la goduria del gusto ? Le risposte come sempre,hanno qualcosa di alchemico o per rimanere in tema di lievitico. I primi uomini scrissero di animali, di caccia e di cibo,dipingendo le caverne del consumato pasto,nella vigoria della sazietà. Poi col tempo si è perso il gusto del normale,della semplicità e delle povere cose,ricche,però, del sapore e del calore del sole. Da poco tempo si assiste ad una riscoperta del gusto e della tradizione,fatto apprezzabile ed encomiabile.
Vedo il tutto con natural diffidenza,con la convinzione che si stia industrializzando quello che per decenni è stato il feudo di quattro illusi romantici ,che paghi ed esaltati da tale condizione di emarginazione,hanno saputo conservare le ricette originali del sapere e del sapore della vita. Su come si fa il pane ,e sul perché vi siano tanti formati e gusti, lo si deve alla sana biodiversità alimentare del genere umano. Nel prosieguo di questa chiacchierata tra amici,si parlerà di sistemi di lavorazione,di dati e di segreti,con quella spensieratezza che ci proviene dall’essere coscienti e fatalisti,testardi e contestatori, stoici nell’impegno ed epicurei nel gioco della vita.
Sulla bontà e sulla qualità del pane di montecalvo, vantiamo trascorsi storici secolari,tanto che ancor oggi montecalvo è conosciuta più per il suo pane che per il Santo che vi ha visto i natali,per la Madonna miracolosa,per i castelli e i panorami,per i tanti personaggi illustri.
Ben ci stà !
Il tutto non mi meraviglia più di tanto specie nell’epoca della decadenza dei costumi e nella ricercatezza dell’ostentato benessere , dove si ritrovano le situazioni di 2000 anni fa ,di una Roma sazia e ingorda ,superficiale e prepotente,raffinata e lasciva. A 7 secoli dalla fondazione di Roma,questa parte del mondo era considerata strategicamente importante,per la presenza delle grandi arterie stradali e per i grandi ingegni che vi erano nati e cresciuti. Son questi gli anni di Virgilio,di Asinio Pollione,di Mecenate,del Grande Cicerone,di Catone il Censore,del sommo Orazio e del poeta amico di Catullo ,G.LICINIO CALVO. [Continua]
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Continua l’opera di Restauro del Palazzo Ducale
[Ed. 17/09/2004] Montecalvo Irpino AV – Nella riunione di giunta del 3 settembre ultimo scorso, è stato approvato e messo in appalto il progetto esecutivo dei lavori del lotto A di “Recupero del Castello Ducale Pignatelli”, inserito nel finanziamento del PIT- Regio Tratturo – Itinerario culturale. L’importo totale dei lavori è di Euro 1.987.242,38 (circa 4 miliardi delle vecchie lire), in base al progetto redatto dalla amministrazione – tecnico – provinciale nelle persone dell’ Ing.Franco Aucelli e dell’Arch.Antonio Sorrentino, prevede la riqualifica strutturale – storico e culturale del castello Pignatelli , irrimediabilmente danneggiato dopo il sisma dell’agosto 1962.I due prospetti mostrano le condizioni attuali in cui versa l’immobile, oggi di proprietà del comune, e quello che dovrà essere alla fine dei lavori.
[Nativo]
Alfonso Caccese
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I Normanni
[Ed. 16/03/2008] Nei primi anni del secolo XI – 1016 – nuove genti,i normanni, vennero a capovolgere l’Italia trans-tyberina. Essi per prima, sotto il nome di Apulia – intesero contemplare tutti quei luoghi dell’italia cistiberina. Re Corrado il Salico, calato in Italia per coronarsi imperatore in Roma, ristabilì quelle genti in queste regioni. Si portò nella Puglia e, o fosse stato per forza, o per volontaria resa – soggiogò al suo dominio così il territorio beneventano, come altresì Capua e le altre restanti città di questa regione. A quei normanni, che si erano portati dal patrio suolo a folla nella Puglia— accordò la licenza di poter quivi fermare, stabilmente la propria abitazione e li adunò Sotto i suoi capitani, acciò difendessero i confini del reame d’italia – contro le insidie dei greci – La Puglia, che dai greci fu chiamata Italia – fu ancora chiamata Longobardia – perchè da essi fu tolta ai principi longobardi, che signoreggjavano l’italia. Il territorio beneventano e la città di Capua non furono mai compresi nella Puglia, sebbene gli storici li chiamino, similmente, col nome di Puglia. L’ uso dei feudi in italia fu introdotto dai longobardi. Fu loro costume dare le terre occupate ai soldati, acciò fossero conosciuti dai medesimi come padroni, ed ubbidissero essendo chiamati con l’andare alla guerra. Di questo siamo sicuri, perché risulta dalle consuetudini feudali, ed il Facchineo aggiunge, che feudo è voce germana, della cui origine furono i longobardi. Questi vennero in italia, circa l’anno del Signore 568 – essendo imperatore Giustino II. Ed avendo occupato gran parte del paese, stabilirono un regno particolare, a similitudine dei romani – composero nuove leggi, ed introdussero nuove dignità, con i nomi di Ducati – Marchesati – Contadi e simili. E così le leggi feudali si sparsero dall’ Italia per tutta l’Europa – come afferma tra i feudisti, Rudingaro. (Vedi Pratica dei Notari – Ubaldo Ubaldini – Dei feudi e della loro origine: p. 159) All’anno 1075 – Roberto Guiscardo normanno, assediò Salerno – soggiogò la città e discacciò il Principe Gisulfo restando il principato dei longobardi solo in Benevento, dove era incominciato – sebbene dopo due anni finiva lo stesso. – Difatti, nell’anno 1077, moriva Landolfo VI – ed in lui si estinse il Principato beneventano e la serenissima prosapia dei longobardi – dopo di aver essa dominata in Benevento dall’anno 571 fino al 1077 – cioè per lo spazio di 506 anni tra Duchi N. 14 – Principi beneventani N. 13 – Beneventani e Capuani N: 11. In tal modo Benevento restò sotto il Libero dominio della santa Sede – a nome della quale, la governavano i Rettori. Morto Roberto Guiscardo – ebbe per successore nei Ducato di Puglia Ruggiero suo figliuolo, a cui succedette poi Willelmo III – Duca di Puglia. « Questo Roggiero Duca di Puglia si deve distinguere dall’altro Roggiero Fratello di Roberto Guiscardo, e Conte di Sicilia; il quale fu quel Roggiero, che discacciati i Saraceni dalla Sicilia, se ne rese Padrone dominandola col titolo di Conte. Fu poi soprannominato il gran Conte Roggiero per aver nell’ anno. 1098 – fra lo spazio di giorni 40, assediata, e presa la Città di Capua, e restituitala al Principe Riccardo con tutto il Capuano Principato; da cui i Capoani fin dall’anno 1099 s’erano ribellati. E procreò nel tempo dell’asse dio di Capoa un Figlio chiamato anche Ruggiero, il quale fu il primo che ottenesse la Corona di Sicilia, e la dominasse col titolo di Re, che intitolossi poi Ruggiero Re di Sicilia, di Puglia, e di Calabria, come si legge in un Diploma dell’ an.1130 ” e prima del suo Regno, sistente nell’ Archivio del Monistero dell S.S. Trinità della Cava”. [Nativo]
[Bibliografia di riferimento]
[P. Santosuosso B., Pagine di storia civile di Montecalvo Irpino, Tipografia Fischetti, Sarno SA, 1913]Redazione
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Ferdinando IV di Borbone
[Ed. 04/03/2005] In questi giorni di intenso freddo e di copiose piogge,si riaffaccia il solito problema delle frane e degli smottamenti,che oltre ad arrecare disagi alla popolazione,sono causa di innumerevoli costi alla intera collettività.
Quel che è evidente a tutti è il totale abbandono in cui versa l’intero territorio,senza cioè quel sano controllo,unico preventivo rimedio ai danni della natura e dell’uomo.
In questi giorni di frenetica attività istituzionale,solo perché si andrà a votare per il rinnovo del massimo organismo territoriale,si riaffacciano le problematiche del meridione,i ritardi nello sviluppo,la disoccupazione,le zone interne e quant’altro possa servire a mortificare il cittadino,che alla fin fine si sente l’unico responsabile e perciò costretto col suo voto a rimediare ai danni arrecati alla propria terra.
Lasciamo perdere!
Mi piace ricordare un aforisma,ascoltato alcuni anni fa in una tribuna elettorale e che val la pena ricordare:
“……….non è un caso che per il vostro partito sia stato il primo a chiamare il sud Italia,il nostro Mezzogiorno,perché è a mezzogiorno che si mangia e si beve alla faccia…….”
Se il lettore pone mente ai programmi delle precedenti elezioni,non troverà nulla di nuovo,quel che è cambiato è qualche simbolo e forse qualche slogan,in più dovremo sorbirci i faccioni sorridenti e ammiccanti di personaggi equivoci e altalenanti tra schieramenti mai definiti e mai completati,rubando lo spazio a qualche cartellone pubblicitario di qualche ragazza prorompente,che ci ricorda la bellezza della vita e che ci aiuta a vivere con quel giusto equilibrio di sapori all’agrodolce.
Perché questo scritto? -
Un patrimonio ritrovato nel dialetto Irpino dell’Ottocento
[Ed. 04/12/2003] Da molti anni sto lavorando al recupero del patrimonio di ciò che fu la civiltà contadina in Irpinia. La ricerca è incentrata sul mio paese natale, Montecalvo Irpino (AV), piccolo comune dell’Alta Irpinia nord-orientale, area geografica che è stata sempre a stretto contatto con le genti d’Abruzzo, del Molise, del Sannio e della Daunia.
Il suo territorio, già frequentato e abitato nel neolitico, è attraversato dal tratturo “La Via della Lana”, che consentiva ai pastori abruzzesi la transumanza delle greggi da Pescasseroli a Candela, in provincia di Foggia. Come molti paesi del Sud, Montecalvo è situato ad un crocevia, dove tanti dominatori sono passati con le loro culture, lasciando segni indelebili che si riscontrano nella lingua, negli usi e costumi, nella storia, nelle credenze magiche e religiose, nel carattere delle persone. È un paese che, come altri nei secoli passati, ha accolto genti di altre regioni meridionali, dopo che la peste o il colera ne avevano falcidiato gli abitanti. Infatti, su invito dei regnanti, molte famiglie della Sicilia e della Puglia erano sollecitate a spostarsi, con migrazioni interne, per cogliere nuove opportunità e ridare nel contempo linfa vitale a tutte quelle contrade del regno che si erano spopolate.
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La civiltà Contadina
[Ed. 26/12/2002] Montecalvo Irpino AV – Montecalvo Irpino, tra Benevento e Avellino, è uno dei tanti paesi del sud dove la miseria, l’emigrazione, hanno consumato, quotidianamente , la forza e la voglia di fare. Ma tutto questo non ha impedito a Montecalvo di far ascoltare la voce. Come spesso succede, a chi è costretto ad abbandonare la propria terra, rimangono i suoni uditi e passati tra le mura domestiche,nella piazza del paese, nei campi. Suoni e rumori che rimangono intatti nella memoria, ritornando costantemente alla luce nei momenti in cui ognuno deve fare i conti con se stesso. Andare a ricomporre la memoria collettiva,riconquistare la lingua delle proprie origini significa infondere e dar coraggio, ma sopratutto riconsegnare, a chi l’aveva perduta, la sua giusta appartenenza ad una civiltà antica degna di rispetto pregna di atavica nobiltà [Nativo]
Angelo Siciliano
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Le antiche vie Appia e Traiana nel convegno di ITALIA NOSTRA
[Ed. 11/03/2005] Montecalvo Irpino AV – Per il 50° anniversario della fondazione di Italia Nostra, Associazione Nazionale per la Tutela del Patrimonio Storico Artistico e Naturale, nella Sala dei Convegni del Palazzo Massimo, sede del Museo Archeologico Romano, si è tenuto a Roma, nei giorni 3, 4 e 5 marzo u.u.s.s. il Convegno Internazionale di Studi La Tutela dell’Appia da Roma a Brindisi.
Con il patrocinio della Commissione Europea, dei Ministeri dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, dell’Istruzione Università e Ricerca, per le Politiche Agricole e Forestali, del Lavoro e delle Politiche sociali, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, e con il contributo della Regione Lazio, della Provincia di Roma, del Comune di Roma, del Parco Regionale Appia Antica e dell’Anas, in collaborazione con il Comitato Nazionale del Paesaggio ed altre associazioni culturali italiane ed europee, studiosi e politici hanno valutato l’opportunità di iniziative concrete per la costituzione di un parco paesaggistico ed archeologico che nella tutela del patrimonio culturale possa promuovere in modo sensibile il turismo lungo le direttrici delle antiche vie Appia e Traiana. -
Il convegno – Civiltà contadina e la cultura delle origini
[Ed. 18/08/2003] Montecalvo Irpino AV – Il 18 Agosto 2003, nei locali dell’Istituto Comprensivo di Monteacalvo si è svolto un convegno sulla ” Civiltà contadina e cultura contadina”. L’incontro è stato promosso dalla redazione culturale del sito www.irpino.it ed ha visto la partecipazione di esponenti della cultura Irpina, locali e provinciali. Il presidente del consiglio d’Istituto, Alfonso Caccese, ha accolto gli ospiti e introdotto i temi del convegno. La prof.ssa Guliana Caputo, nota scrittrice dell’Avellinese, ha presentato il suo ultimo lavoro letterario, di prossima pubblicazione,”l’Ombra dei Pampini”, una raccolta di racconti e immagini della civiltà agreste Irpina.
Estremamente precisa e colorata la relazione del prof. Gianbosco Cavalletti (nella foto a lato), sulla storia delle origini di Montecalvo dal punto di vista storico antropologico,che ha offerto un ” morbido e gustoso” viaggio nella credenza popolare legate alla civiltà contadina. Dai rimedi medicamentosi ai riti propiziatori fino alle credenze, legate alla mitologia delle “janare” (streghe) giovini e belle, e dei ” lupi pumpinari” (licantropi).
Puntuale e lucida la relazione del Prof. Mario Sorrentino, sul tema ” Il revival del dialetto montecalvese nella poesia di Angelo Siciliano”, una lingua, perchè tale deve essere considerata quella Montecalvese e più in generale quella Irpina, scomparsa da tempo e mai codificata. Scomparsa , secondo l’ipotesi del prof.Sorrentino, intorno la fine degli anni ’50 inizio anni ’60. Anni che hanno visto da un lato il grande boom economico dell’Italia, dall’altro la migrazione di numerosissime colonie Irpine verso il nord prima e l’intero globo dopo.Tutto questo, combinato con l’avvento dei grandi mezzi di diffusione come la radio e la tv, ha contribuito notevolmente ad “allitterare”, le popolazioni contadine del sud , sopprimendo in modo definitivo il linguaggio dei padri.Il revival ed il recupero della dialettalità Irpina, oggi è presente nelle opere di alcuni poeti Irpini, quali Angelo Siciliano, Montecalvese d’origine, ma soprattutto nelle comunità irpine diffuse e organizzate in ogni parte del pianeta. Ne è d’esempio il grande lavoro svolto negli U.S.A., da una intraprendente ragazza Stefania Longo, Italo Americana di terza generazione, e di antenati Irpini, di Guardia dei Lombardi, che ha fatto della sua Irpinità una bandiera ed è riuscita ad imporre il recupero delle origini nella discussione della sua tesi di laurea, presentata ai docenti della Scranton University, in Pennsyilvania ed oggi docente di Italianistica all’Università Cattolica di Washington. Questo il motivo che ha ispirato al Prof.Sorrentino, la lettura di una poesia di Angelo Siciliano in tre lingue : Dialettale, Italiana e Inglese. Estroso e vulcanico autore, pittore,scrittore,capace di raccogliere e recuperare quasi per intero la cultura orale dei contadini del sud, nelle sue più variegate forme. [Nativo]Alfonso Caccese
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Il pane al sapore del tempo antico
Riconoscimento DOP per i forni del paese irpino
[Ed. 24/03/2003] Il pane di Montecalvo merita una gita. Ha ottenuto il riconoscimento Dop ed è inserito tra i prodotti tipici della regione Campania. Non solo, il pane può essere assaggiato (c’e una produzione davvero notevole) con I’olio della zona, e, se si ha la fortuna di arrivare in paese quand’è ancora caldo, con un po’ di sale: una ricetta semplice che permette di riassaporare i gusti di una volta.
Montecalvo Irpino è, però, anche un paese attraente, che offre la possibilità di passeggiare in un centro antico delizioso, ricco di chiese e di resti archeologici e di un maestoso castello dal quale si può godere di un panorama che va dall’Irpinia fino ai contrafforti del Sannio. Spettacolare è, ad esempio, il burrone del “Fosso Palumbo” ricco di grotte, che porta alla chiesa della di Santa Maria. Il piazzale davanti al castello permette di abbracciare con lo sguardo, nelle giornate limpide, la Valle del Miscano con Buonalbergo, Casalbore, Ginestra degli Schiavoni, oppure la Valle delI’Ufita con i centri della Baronia. Ma lo sguardo arriva anche al massiccio del Partenio; chi ha la vista più acuta può scorgere perfino il santuario di Montevergine.