Cultura
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Le bolle della Malvizza
[Ed. 01/12/2004] Percorrendo la S.S. 414 e S.S. 90 bis per le Puglie, bivio per Castelfranco in Miscano, a 15 km da Montecalvo Irpino, si raggiunge la Malvizza, sconfinata distesa di terre assolate d’estate e gelide nel periodo invernale. Essa conserva ancora il fascino di una terra che gli antichi considerarono sacra, in quanto popolata da poteri e da spiriti misteriosi con i quali era conveniente ed opportuno instaurare buone relazioni. La dea Mefite, in particolare, era la personificazione della mefite stessa , cioè del cattivo odore che fuoriusciva dalle mofete. Queste, insieme al ponte detto dei “Diavoli” o di “Santo Spirito”, costituiscono una delle principali attrattive della Malvizza visibili in attivi crateri di modeste proporzioni. La Mofeta della Malvizza è formata da salse fredde, i cui strati profondi, secondo il Salmoiraghi, constano di argille scagliose regolarmente alternate al calcare a fucoidi e brecciole nummulitiche tuttora in stratificazione regolare. I numerosi coni eruttivi che si aprono nell’area variano e si differenziano a seconda della stagione e degli anni e da essi fuoriescono ad intervalli variabili bolle di idrogeno e di fango. Gli antichi ritennero le mefiti montecalvesi, conosciute come le “bolle della Malvizza”,sede di numerosi spiriti , sia benevoli che malevoli , che intervenivano rispettivamente in difesa o in offesa dei punti cruciali di interesse vitale per le singole famiglie e per l’intero popolo, come la porta della casa, il focolare, la dispensa, i campi, i confini, i boschi, le acque. Secondo la leggenda le bolle si sarebbero formate per lo sprofondamento, ad opera del rivale Satana (secondo altri Cristo o S.Nicola , offesi dal perpetuarsi di tanta malvagità), della taverna di un malefico oste che aveva l’abitudine di cucinare la carne dei suoi clienti ,dopo averli uccisi e derubati. La tradizione popolare vuole che il 15 agosto di ogni anno si odano ancora venir su , tra il rigoglio dell’acqua , i lamenti dell’infame sprofondato. Note _ Dal complesso archeologico di San Vito in Montecalvo Irpino proviene l’iscrizione votiva dedicata a Mefite “Paccia . Q.F. Quintilla meFITI VOTum SOLVit” (C.I.L.-Vulumen Nonum,1421) [Nativo]
Giovanni Bosco Maria Cavalletti
Foto Franco D’Addona
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Montecalvo e il castello dimenticato
Lo strano destino del cinema Pappano e l’antica macelleria della signora Bellaroba
[Ed. 20/01/2002] Un difficile esercizio raccontare l’Irpinia stando in Irpinia.Un esercizio che è una forma di amore e a cui la tua terra risponde mobilitando il galateo del rancore. In genere si raccontano i propri luoghi stando lontani, al riparo dalle abitudini più corrosive. So che restando qui non riceverò alcun tipo di gratificazione per quello che faccio. Scrivo quello che scrivo solo perché me ne viene una certa contentezza e perché mi sembra utile lasciare qualche piccolissima testimonianza della transizione che stanno vivendo i nostri paesi. Non pretendo che le mie parole sappiano descrivere e definire quello che accade nei luoghi. Il mio è un resoconto parzialissimo. La vita di un paese è un film che dura migliaia di anni ed io capisco quello che si può capire entrando in sala per poche ore. Mi pare che il film stia offrendo fotogrammi importanti in cui la storia muta rapidamente. Più che una descrizione a volte mi rendo conto di svolgere l’autopsia del paesaggio. Forse scambio la parte per il tutto e la necrosi che vedo in giro è solo uno dei tanti fili in cui ogni giorno si aggroviglia il mistero di tutto ciò che appare. -
Li fierri
[Ed. 19/01/2003] A noi cinquantenni di oggi, ” li fierri” di “ncoppa la chiazza” evocano ricordi di un passato, non troppo lontano ma ormai impresso nella nostra memoria con emozioni e tristezza.
Ricordi certo di ragazzini “cianculusi” dediti ai giochi per strada, chiassosi ed indisponenti, ma conpartecipiti di una quotidianità globale che vedeva quella zona come scena unica e principale della Montecalvo prima del terremoto del 1962.Testimoni, inconsapevoli e disincantati, di una storia d’altri tempi che scorreva e traspariva dallo sguardo di una anziana femmina , stretta nel proprio dolore o da una serie di schiene curve di vecchi contadini seduti con il ” culo” sporto nel vuoto sui “ferri”. Immagini da c’era una volta, e adesso? La piazza di nessuno.
Non ci sono più ragazzini “cianculosi” e chiassosi, non ci sono più le schiene curve dei contadini, non c’è più il ciarlare degli uomini intenti a commentare le disgrazie del giorno, rimangono loro ” li Fierri” come monumento in memoria della vita, abbandonati al loro misero e desolante destino .
Li “Fierri” di “ncoppa la chiazza”, e il relativo impianto degli alberi , come noi li ricordiamo, erano stati lì sistemati all’indomani del sisma del 1930 per meglio armonizzare l’architettura della costruenda nuova sede municipale.Luogo di incontro e di dibattito politico hanno assistito alla trasformazione e alla evoluzione della storia del nostro paese dal doposisma in poi.
Avevano la stessa importante funzione dell’ Agorà di ellenica memoria, testimoni silenti di tutto il micro cosmo vitale di una popolazione, prettamente contadina, come quella montecalvese.
Luogo di battaglie sociali e politiche dure e senza tregua, punto di riferimento per massari e braccianti in cerca gli uni di mano d’opera e gli altri di guadagnarsi la giornata, centro di scambi di informazioni,richieste o lamentele da presentare all’istituzione pubblica, teatro di grandi manifestazioni in occasioni speciali ed importanti come quelle delle elezioni amministrative, quando,con gli occhi rivolti al balcone del municipio,si applaudivano o fischiavano i nuovi eletti affacciatisi per consumare l’ennesimo bagno di folla scaturito dalla vittoria elettorale.
Il tutto all’ombra frescheggiante di quei quattro alberi oggi agonizzanti per il trascorrere del tempo e un pò anche per l’incuria degli uomini, oggi, dopo settantacinque anni, uno di loro è stato abbattuto senza tanti fronzoli, ovviamente la speranza è quella di vederlo rinascere ma come in tutte le cose di questo mondo tutto cambia , sorte tristemente condivisa anche dai vecchi “fierri” di “ncoppa la chiazza”, tra l’indifferenza generale di tutti [Nativo]
Alfonso Caccese
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Origine dei cognomi montecalvesi
[Ed. 27/11/2003] Più di un mese fa, ricostruii l’etimologia di un cognome abbastanza diffuso nel nostro paese, IORILLO, su invito di una gentile rappresentante di quella famiglia che si chiama Alessandra. Presoci gusto (alle volte questi praticanti di linguistica si divertono con niente) mi sono avventurato a cercarne altre, di etimologie, quelle di cognomi appartenenti a famiglie di miei amici. Avrei voluto scriverne molte di più, ma, come mi si può credere, queste ricerche, oltre a macinare vento, sono anche molto lunghe. Le affido allo strano spazio di Internet affinché giungano agli amici e ai loro parenti come regalo per le prossime festività natalizie.
Quasi sempre nell’etimologia di un cognome vi è in estrema sintesi la storia della famiglia;[1] e spesso in esso sono contenuti anche riferimenti molto importanti alla Storia generale del nostro popolo.
Ad esempio, i cognomi degli ebrei convertiti a forza nel Regno delle Due Sicilie, dopo il 1541, quando fu applicato anche da noi, per disposizione di Carlo Quinto, l’editto delle maestà “molto cattoliche” (Isabella e Ferdinando) di Spagna emanato nel 1492, riflettono una tappa della storia religiosa e civile che ritengo cruciale per la comprensione di alcuni sviluppi nella storia non solo del nostro Paese. Per i nuovi cognomi di questi nuovi cattolici furono adottati il nome delle città in cui i convertiti risiedevano o l’aggettivo derivante da queste.
Tuttavia, nella loro maggioranza, i cognomi italiani indicano semplicemente il nome di battesimo (o prenome) del capostipite preceduto da di o de. Per altri cognomi, ma quest’uso è più diffuso nel Nord Italia, si è ricorso alla forma latina del nome (mettiamo: Martinus), e se ne è ricavato il genitivo (Martini> figlio di Martino), che non deve essere scambiato per un plurale[2]. I di e i de dei cognomi meridionali, nella stragrande maggioranza, sono caduti per sottinteso. Le famiglie che li hanno ancora sono di solito quelle che hanno conservato per motivi di vanto dinastici la forma più antica, magari perché così registrati per iscritto in vecchi documenti di famiglia custoditi con cura. Ma anche un semplice cognome come IANNONE o CHIANCONE bisogna intenderli come DI IANNONE o DI CHIANCONE (questo per ristabilire un po’ di uguaglianza sociale e civile tra le nostre famiglie) e indicava, nell’atto ufficiale di nascita o di battesimo, che si trattava del figlio o del discendente di colui che nella linea maschile di quella famiglia aveva portato per primo quel nome (nome del capostipite).
Un altro uso è la registrazione nel cognome dell’appartenenza etnica, della condizione sociale, del mestiere o della professione del capostipite (IORILLO, PARZANESE, SINISCALCHI, TEDESCO ecc.).
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Radio Delta
[Ed. 26/12/2004] Montecalvo Irpino AV – Nella primavera del 1978, da un progetto di alcuni giovani professionisti e studenti locali, tra i quali Nicola Sorrentino, Mario Pappano ed altri, inizia a trasmettere su territorio provinciale, “Radio Delta” che ha come logo una “delta greca” a voler rappresentare simbolicamente i tre punti da cui parte il progetto e cioè Montecalvo, Casalbore e Buonalbergo. Nei primi mesi di vita l’emittente si propone come una vera e propria novità nel panorama dell’emittenza privata Avellinese.
Numerose iniziative ne rappresentano la modernità del palinsesto e l’avanguardia nell’informazione. Da non dimenticare le rubriche curate dal compianto Padre Beniamino Canelli, le straordinarie cronache del giornalista Andrea Puzo e i reportage, novità per quegli anni assoluta, svolti dal Festival di Sanremo da un giovanissimo Felice Panzone.
La voglia di dare massima attenzione agli avvenimenti locali era alla base di tutto. Con i pochi mezzi a disposizione, si riusciva a collegarsi con il campo comunale per la trasmissione in diretta della partita di calcio della squadra locale, e tramite telefono, collegamento con lo stadio Partenio di Avellino, dove allora l’Avellino incontrava le grandi squadre di serie A. Nel tempo ha subito vari cambiamenti di sedi ed organici sempre in continuità. Cosi si arriva al periodo tra il 1982 – 1990, dove un gruppo di giovani animati da un grande spirito diedero un rinnovato impulso e spirito creativo all’emittente che acquistò grande credito a livello provinciale. Fra tanti ragazzi, allora giovani, da citare per l’impegno, Iorio Gianni, Cardinale Francesco, Carlantuono Daniele, Mainieri Gianni,Caccese Pompilio, Lo Casale Tarquinio, Aucelli Michele, Giancarlo Palladino e tanti giovanissimi teen-ager come i piccoli, allora, Bellucci Francesco, D’ Agostino Antonio e Domenico, Anchinico Alessandro .Da rimarcare la volontà e la grande simpatia di Vincenzo D’Apice ,giovane esponente della dance Montecalvese.La novità era rappresentata anche da un gruppo di giovani ragazze liceali che tra una versione di greco e una di latino,si rilassavano un paio di ore davanti ai microfoni della radio. Tra queste particolarmente assidue, Carlotta ed Erminia , e tante altre che oggi sono felicemente inserite nella società e realizzate professionalmente. Gli aneddoti e la vita goliardica di quel periodo è ancora vivo nella mente di tutti i protagonisti di allora. Con l’inizio degli anni novanta questa esperienza termina ma resta la consapevolezza e responsabilità maturata da tutti quei giovani che oggi occupano ruoli di primo piano nella vita del nostro paese.[Nativo]Alfonso Caccese
Jingle – Tony Cipolletti
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Oreficeria montecalvese
[Ed. 04/10/2004] Quando si parla di cose preziose e di valore,di oggetti inestimabili,di rarità e quant’altro,il pensiero corre automaticamente all’oro.
Non è casuale tale ovvia e scontata considerazione, specie quando il metallo incorruttibile ha segnato tutte le fasi storiche ed esistenziali del nostro essere uomini, in lotta con la natura ostile prima,e fedeli alleati oggi,per garantirci un futuro e una evoluzione.
Migliaia di anni di evoluzione e di civiltà,hanno prodotto l’uomo che noi conosciamo e temiamo,ma quel che non è cambiato quasi per niente,in questi millenni e il rapporto con l’oro,sia sotto l’aspetto economico che sotto l’aspetto ornamentale.
Quel che più stupisce e che anche la tecnica di lavorazione e rimasta sostanzialmente identica,anzi ancor oggi,alcune tecniche rimangono sconosciute e la perfezione di alcuni monili raggiungono vette ineguagliabili .
La considerazione più ricorrente di una donna che visita un museo e che osserva le vetrine destinate ai pezzi di oreficeria,e la bellezza ,l’attualità e modernità dei pezzi,con quella naturale propensione ad averli,non per l’intrinseco valore artistico,ma come oggetto da ostentare e indossare nelle occasioni importanti della vita.E’ questo il senso logico che ha contraddistinto la creazione e l’evoluzione della oreficeria nei secoli,la sua inutilità materiale,la esclusiva destinazione all’incanto al desiderio,alla fantasia,alla bellezza della ricchezza,mancando o difettando la bellezza naturale… -
Breve storia dell’arte orafa montecalvese
[Ed. 04/10/2004] Con l’unità d’Italia furono realizzate le prime sistematiche statistiche economiche,con mirati censimenti volti alla conoscenza del territorio dello Stato.
Anche i Borbone,in verità, vi avevano pensato,appena qualche decennio prima del tracollo,ma con un intento completamente diverso:magnificare le bellezze e le ricchezze del paese,senza alcuno scientifico riferimento all’aspetto economico,che veniva demandato alla autonoma capacità gestionale del territorio.
Da questi dati,estremamente interessanti si evincono le peculiarità dei vari comuni, come per Montecalvo,che ben appalesava la sua certa vocazione agricola,ma anche una non secondaria attività artigianale (100 scarpari,fabbri,armaioli,ricamatrici… ).
Tra i tanti traspare la presenza di un Orafo,che non è considerato come una professione vera e propria,forse perché riconducibile a particolari gruppi etnico-religiosi,o per quella naturale ritrosia Del meridionale a manifestare le proprie “debolezze”,ingigantendo le proprie miserie.
Un paese di commercianti e artigiani dunque,che da oltre quattro secoli non e mai sceso sotto i quattromila abitanti e con una storia politica,militare,ecclesiastica di primaria importanza e di sicuro prestigio nazionale. -
Rosario Antonio Smorto
INTERVISTA DI ANGELO SICILIANO AD ANTONIO SMORTO RAGAZZO DI 94 ANNI – LE CUI VICENDE PERSONALI S’INTRECCIANO CON LA STORIA CIVILE E POLITICA DI MONTECALVO IRPINO
[Ed. 06/06/2003] Castel d’Azzano VR – Antonio Smorto vive da diversi anni in Veneto, a Castel D’Azzano (VR).Lo ricordavo molto vagamente. Era piena guerra fredda tra USA e URSS, e una sera a Montecalvo Irpino (AV), paese dell’Alta Irpinia, doveva essere il 1956, in occasione dei fatti d’Ungheria, nella casa di ‘Nduniùcciu Shcatulìnu giù ai Fossi, di cui esiste solo un rudere dopo il terremoto del ’62, egli proiettò delle diapositive sulla seconda guerra mondiale. Eravamo presenti in tanti a quell’evento, molti adulti e anche noi bambini. Mi rimasero impresse le immagini agghiaccianti dei lager nazisti e delle fosse, da cui erano estratti i cadaveri dei deportati denutriti, soprattutto ebrei, che evidentemente erano stati seppelliti in fretta, solo perché non si era riusciti a farli sparire nei forni crematori, prima dell’arrivo degli alleati.
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Il murale di via Maddalena
[Ed. 18/12/2001] Il muro di cinta di Via Maddalena, che si estende per 510 mq, e’ interamente affrescato con uno dei murali a soggetto unico piu’ grandi d’Italia. In un affascinante intreccio tra Storia e Mito, sono narrate le vicende della comunita’ montecalvese dal suo nascere fino alla seconda meta’ del 1600.
Coordinati dal critico d’arte Marisa Russo, hanno dato vita al murale gli artisti Lavinio Sceral, Lello Sansone, Michele Giglio e Renato Criscuolo. Agganciato al rosso tappeto volante, elemento d’unione dell’intera narrazione murale e’ lo “scazzamariello”, prima figura mitica rappresentata. Secondo la tradizione popolare, il dispettoso folletto ha il potere di defecare oro.
La “pacchiana” cioe’ la donna con il tipico costume montecalvese, rappresenta la sintesi tra Storia e Mito in quanto pur essendo figura reale, e’, ormai, simbolo di una civilta’ scomparsa e profondamente trasformata. In un turbinoso cielo squarciato dai lampi si erge la rocca romana sorta durante le guerre sannitiche e divenuta, successivamente, il castello di montecalvo. Spettri alla ricerca delle nordiche radici, i soldati longobardi vi si aggirano smarriti.
Mefite, nauseabonda, personificazione delle stomachevoli esalazioni, dea effettivamente adorata presso la Malvizza di Montecalvo dagli antichi Sanniti e dagli stessi Romani, ispira una sorta di fusione tra religione e magia.
Le leggendarie “Janare” (streghe) che tanta fortuna ebbero nell’area beneventana, trovarono terreno fertile nel contesto culturale montecalvese. La tempesta creava le condizioni ottimali perche’ potessero radunarsi per danzare intorno al famoso noce di Benevento : ” sott’acqua e sott’a bbiento sott’a la noce di bbinivientu” (sotto acqua e sotto vento sotto il noce di Benevento) e’ la formula magica pronunciata dalla Janara prima di spiccare il volo. In contrada Malvizza e’ ambientata la scena dell’oste malvagio, che l’avidita’ sta trasformando in bestia. Egli serve carne umana, meglio ancora di bambini, ai malcapitati avventori. Satana concorrente nel Male, o Cristo, sdegnato da tanta efferatezza, inabissano la taverna nelle viscere della Terra da dove sarebbero sorte le malefiche bolle.
La dea Diana, storicamente adorata in territorio montecalvese e ritenuta nel Medioevo protettrice delle partorienti, rappresenta la difesa della vita calpestata dall’oste maligno. Il beato Felice da Corsano, nell’evidente smaterializzazione, e’ l’antitesi del crudele oste di contrada Malvizza: mentre questi e’ trasformato in bestia dalla materia, l’asceta e’ spiritualizzato dal misticismo. L’integrazione del dinamismo germanico con la cultura romana attraverso la mediazione cristiana, da corpo alle umbratili figure dei Longobardi invasori ed i crociati, insieme al radioso rosone gotico, diventano il simbolo della nuova Europa. Sullo sfondo l’ospedale di S.Caterina, fondato a Montecalvo dagli stessi Crociati.
La terribile peste del 1656 che violenta si abbatte’ sull’intero regno di Napoli e’ il motivo ispiratore della penultima scena. Il dolore umano, che sovrasta ogni cosa, accomuna quella tragica occasione a tutte le altre sventure, soprattutto terremoti, che nel corso dei secoli sono state causa di lutto.
Il viaggio del tappeto volante si conclude in Oriente, che non e’, pero, ricercato lontano nello spazio inserendosi senza fratture tra la Storia ed il Mito di Montecalvo. Anche in questa scena, che sembra la piu’ fantastica di tutte, col Mito si alterna la Storia: le esperienze guerresche degli antichi crociati, l’arrivo della cultura araba filtrata nelle esperienze dei Pugliesi immigrati a Montecalvo dopo la peste del 1656, si tramandano in segni di pietra scolpiti sui noti portali che la magica lanterna di Aladino trasforma in un dolce paesaggio orientale. Il sekoma l’antichissima mensa ponderaria presente a Montecalvo da tempo immemorabile, da misura granaria si trasforma in misura del tempo che non cancella il passato. Un portale che si apre al futuro, e’ il segno che la Storia continua. – “Progetto Itinerari Turistici Campania Interna. La Valle del Miscano, Volume 1°” Poligrafica Ruggiero, Avellino, dicembre 1995
Giovanni Bosco Maria Cavalletti
Nell’ agosto 2011, Angelo Siciliano, scrittore e ricercatore montecalvese, preso visione della pagina sopra ha invitato, la direzione del sito, di aggiungere quanto segue:
I murales di Montecalvo Irpino furono realizzati, nell’autunno 1988, su iniziativa e proposta di Angelo Siciliano all’amministrazione comunale, guidata allora dal sindaco Felice Aucelli. Nell’estate del 1988, dopo la pubblicazione de “Lo zio d’America” ad Avellino, l’editore Nunzio Menna invitava Angelo Siciliano e sua moglie, Maria Paparo, a far parte della giuria che valutava le opere realizzate da un gruppo di pittori muralisti campani, coordinati dalla signora Marisa Russo di Napoli, a Piano Vetrale (Sa) e a Castelvolturno (Ce). Alcuni di quegli artisti avrebbero realizzato, nello stesso periodo, dei murales a Montefalcone (Bn). Constatata la buona qualità di quei murales, Angelo Siciliano faceva la proposta verbale al sindaco Aucelli, che allertava alcuni assessori e vice assessori, i quali si recavano a visionare quei dipinti. Poiché la cosa piacque, fu contattata la signora Marisa Russo, alla quale Angelo Siciliano suggeriva che si sarebbero potuti dipingere dei miti attinti anche da “Lo zio d’America”. Si trattava poi solo di scegliere se realizzare dei murales singoli, sui muri delle case ubicate nei punti strategici del paese, o una lunga striscia di murales, come poi fu fatto, sul muro del giardino del convento dei francescani. A fine agosto, Angelo Siciliano salutava tutti e partiva per tornare a Trento, città in cui vive dal 1973.[Nativo]
Angelo Siciliano
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Tombolata e solidarietà
[Ed. 00/12/2001] Montecalvo Irpino AV – Per il secondo anno consecutivo a Montecalvo, nei locali della Palestra comunale in via Roma, la Parrocchia ha organizzato quella che sta diventando ormai a buon diritto una salda tradizione : la tombolata. Tutto è iniziato l’anno scorso, quando il nostro parroco don Teodoro ha dato vita alla prima edizione della Tombolata della Parrocchia. L’idea nacque soprattutto dalla voglia di creare un momento comunitario sano e distensivo o come si suol dire : “per passare una serata diversa insieme a tanta altra gente “. Se l’edizione 2000 si è articolata in tre serate con due tombolate ciascuna, l’edizione attuale, 2001, è strutturata invece in quattro serate, una in più dunque dell’anno scorso! Tale scelta, però, non è stata casuale. Va detto subito che è stata motivata da un evento particolare. Da qualche mese a Montecalvo è in corso la ristrutturazione di un capolavoro dell’arte quattrocentesca, ossia la “Collegiata di Santa Maria Assunta”, splendido esempio di arte gotico-romanico nonché luogo di forte impatto spirituale per i ricordi legati soprattutto a San Pompilio Pirrotti, nostro caro conterraneo. Ovviamente per portare avanti i lavori necessari a rendere agibile la suddetta Chiesa sono necessari molti fondi, ancor più se si pensa che a Montecalvo contemporaneamente sonoaperti i cantieri nella Chiesa di San Nicola Vescovo e nel Santuario di San Pompilio, dove si stanno ristrutturando rispettivamente la canonica e la casa natale del santo succitato. Lo sforzo economico cui la Parrocchia e la Diocesi si stanno prestando non è certo di lieve entità. Per questo il nostro parroco ha pensato di organizzare la Tombolata 2001 come occasione per raccogliere una piccola ma importante parte di quei fondi necessari alla riapertura della Collegiata. Ecco dunque anche il motivo dell’aggiunta di una quarta serata. Di queste quattro serate due sono già state archiviate con successo e soprattutto con la piena generosità dei montecalvesi. Infatti nella tombolata del 16 dicembre e in quella del 23 è stata raccolta la somma complessiva di £ 1.600.000 circa. A questo punto restano ancora due serate previste per Capodanno e per L’Epifania ( in quest’ultima serata sono previste tre tombolate oltre all’animazione musicale del M° Michele Zecchino ), giorni nei quali l’affluenza, peraltro già ottima, dovrebbe sensibilmente accrescersi, e con essa anche la generosità dei partecipanti. La tombola, dunque, da semplice gioco natalizio quale pure esso è, può diventare espressione di solidarietà e di generosità, cosa che quest’anno sta avvenendo a Montecalvo. A me non sembra affatto malvagia l’idea di divertirsi con gli amici e contemporaneamente contribuire a riaprire un luogo di culto caro ai montecalvesi nonché un bene artistico di importanza nazionale al contempo. E poi è anche un modo per rendere consapevoli le persone che i grossi traguardi si possono ottenere anche con piccoli gesti! Anzi, la solidarietà è fatta quasi sempre di piccoli gesti. In questo senso la parabola evangelica “dell’obolo e della vecchia” ci offre una chiara chiave di lettura sull’importanza di un gesto che può sembrare così piccolo ma che genera al contempo un grandioso effetto. Fin da bambino mi è stato sempre insegnato che la casa si costruisce mattone su mattone, come a dire che c’è bisogno di tanti mattoni, ognuno dei quali ha una pari importanza nell’edificazione della casa stessa. Cosa dire ancora? Se il gioco oltre a qualche ora di allegria e divertimento riesce ad assicurare anche un contributo importante e fattivo nel sociale, beh, allora vi dico : “giocate gente, giocate e…comunque vada sarà un successo”. [ Nativo ]
Antonio Cardillo