Poesia

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    Il Convento e il Tiglio

    Angelo Siciliano

    [Ed. 21/12/2004] Zell TN – Il convento di Montecalvo Irpino, dedicato a S. Antonio da Padova, fu ultimato nel 1631 e di fronte ad esso, com’era consuetudine, ad alcune decine di metri fu messo a dimora un tiglio. Affidato ai frati minori di S. Francesco d’Assisi, il convento subì dei ritocchi nei secoli passati e fu abbattuto dopo il terremoto del 1962. Forse, con le tecniche di recupero e di restauro messe a punto in questi ultimi anni, lo si sarebbe potuto salvare e vederlo ancora nella sua integrità. Della sua storia è rimasto poco: qualche quadro, qualche statua, il coro ligneo. Ma il tiglio è ancora al suo posto. I terremoti non lo spaventano di certo. [Nativo]

    LU CUMMENT E LU TIGLIU*

    Dicévunu l’antìchi di cócchidùnu
    ca era fitènt e ‘n zi putéva tòlliri:
    «Puzza milli cummiénti!»
    Ma pi nnuji lu cummènt
    era l’addóre di lu ‘nciénzu,
    ‘li gigli di Sant’Andòniju,
    ‘li rròsi d’ogni mmése,
    lu ffrishcu di la stagióna.
    Li santi pittàti ci trimindévunu
    da sótt’a la làmmija
    e Ssa’ Mmattèu, sèmpe
    cu lu libbru ‘mmani,
    uardàva stuórtu a cchi di nuji
    nun buléva studijà.
    Quanta cristiani so’ ppassàti
    sótt’a ‘stu tigliu!
    Chi partéva e cchi s’arritiràva,
    chi jéva fóre a ffatijà
    e cchi minév’a mméssa.
    Pinzàti, tre ssècul’e cchjù:
    justu l’ajità di ‘st’àrbulu!
    Ma chi sa quale malu juórnu,
    chi fu ccapàce di minà ‘n terra
    la storia di ‘ddru cummènt,
    ‘n zi ‘ncrécca e ddice:
    «Sigàti quiddru tigliu
    ch’ave fattu li juórni suji!»
    * A padre Lorenzo

    IL CONVENTO E IL TIGLIO

    Un detto antico su qualcuno
    che era un tipo abietto e insopportabile:
    «Puzza come mille conventi!»
    Ma per noi il convento
    era l’odore dell’incenso,
    dei gigli di S. Antonio,
    delle rose di ogni mese,
    la frescura dell’estate.
    I santi affrescati ci osservavano
    da sotto la volta
    e S. Matteo, eternamente
    con un libro in mano,
    guardava torvo chi di noi
    non aveva voglia di studiare.
    Quante persone sono passate
    sotto questo tiglio!
    Chi partiva e chi rientrava,
    chi si recava in campagna per lavoro
    e chi veniva a messa.
    Pensate, tre secoli e più:
    giusto l’età di questo albero!
    Ma chissà quale infausto giorno,
    chi mostrò il coraggio di cancellare
    la storia di quel convento,
    non si rizzi e ordini:
    «Abbattete quel tiglio
    che è suonata la sua ora!»

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    Presentato il “trittico dell’Abbondanza” di A. Siciliano

    Montecalvo Irpino AV – Durante la celebrazione della Messa solenne in onore di S.Pompilio M.Pirrotti, del 20 Agosto 2004, il poeta e studioso locale della cultura delle origini, Angelo Siciliano, ha donato in forma ufficiale al nascente “Museo Pompiliano”, la sua opera dedicata alla figura della “Madonna dell’Abbondanza”, tanto cara al nostro santo. Alla presenza del parroco, Don Teodoro Rapuano, del nostro Monsignore Pompilio Cristino e di Padre Martino , Scuole Pie, nella cornice delle trecentesca “Chiesa Madre” di Montecalvo, il nostro concittadino Siciliano ha declamato in pubblico, accorso come nelle più grandi occasioni, due sue poesie il lingua dialettale montecalvese che hanno emozionato come una forte “scossa” la platea presente. Foto Franco D’Addona

    Redazione

    La registrazione del canto è stata realizzata da Angelo Siciliano
    “Mamma Bella cu la facci lorcia”
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    Le poesie di Antonio Stiscia

    [Ed.11/02/2005]

    A S. ANTONIO

    Quannu nascisti a ò Portogallo
    iri billillo e cu li ‘scacche e curalle
    ti mettierono o nome e Fernando
    che ognuno sapeva, pure cantando.
    Ma tu, nunn’ iri nato pi esse nurmale
    iri sapiente e combattevi il male
    camminasti tanto e avevi poco desco
    quannu incuntrasti a frate Francesco.
    Parlavi forbito e incantavi le genti
    arricchivi i cuori, cu tutte le menti.
    Poi a Padova ti hanno fatto Santo
    ma in tutto il mondo sei unico vanto.
    Ma è a Montecalvo che sei glorioso
    amato da S. Pompilio, come te diletto sposo.
    Prega per noi, o verbo del mondo!
    Parla per noi che ne abbiamo bisogno!
    Perché sei di Dio il più bel conio
    o amatissimo San Antonio.

    ALLA MADONNA DELLA LIBERA

    A te ricorro con animo felice
    O Vergine santissima, Liberatrice

    Con le tue mani respingi l’affanno
    Scacci il peccato, sminuisci il danno
    Porti nel grembo il divin Salvatore
    Figlio di Dio e Nostro Signore

    Insieme a Lui hai fatto un patto Santo
    Preservare il mondo e Montecalvo

    Tu da sola, risplendi la Chiesa
    Sei bellissima e meravigliosa
    Basta guardarti per qualche momento
    E ogni anima rinasce contenta
    Sei come un bocciolo di rosa maggese
    Ad annunciare la vera primavera del Paese

    A DIGNITA’

    Ognuno da quando nasce
    Si porta stu fardello
    Chi si la stipa nd’a na cascia
    E chi la mostra,fiero,all’occhiello.

    Pochi sanno a che serve stu decoro
    Chi la scambia per onestà,chi per onore.

    Io l’ho scoperto in tempi non sospetti
    Assaggiando a un matrimonio,nu cannellino e sei confetti.

    Dell’anima del confetto non è certo il contenuto
    E per questo che lo si mastica con fare risoluto
    E’ proprio il cannellino simbolo di dignità
    Perché lo si succhia tranquillo, sapenno che la Cannella ci stà.

    LA MAMMA DELL’ EMIGRANTE

    Sono tante le mamme italiane
    Che hanno i figli, a loro lontani
    La miseria di un tempo era tanta e tanta
    Ma Lei di lavorare, non era mai stanca
    Le bocche a tavola da sfamare
    Erano troppe da accontentare.

    A Lei spettava un triste primato
    Scegliere tra i figli il più preparato
    Ad andare assai assai lontano
    Per assicurare, a tutti, un pezzo pane.

    La mamma dell’emigrante sapeva soffrire
    Fingendo di ridere, al figlio partire
    Poi sfogava la rabbia di dentro
    Con un pianto greve,che sembrava canto.

    Quando era il giorno del suo compleanno
    Il posto del figlio era vuoto allo scanno
    Perché dal momento che se ne era andato
    Quel posto non era stato più occupato,
    perché è a tavola che voleva sentirsi
    come la rondine che i figli accudisce.

    Le cose del figlio guai a chi le tocca
    Ogni sua cosa resta intatta
    Perché quel figlio non se n’è andato
    E stato costretto a far 1 ‘emigrato.

    Aspettava Natale per devozione
    Aspettava la festa con la stessa emozione
    Con la stessa ansia della Madonna
    Che aspettava il figlio che forse,ritorna

    TRE CANI

    Tengo 3 cani, dint ‘o giardino
    1 vecchio, 1 giovane e 1 bambino
    Li guardo spesso nel fare quotidiano
    Ed hanno atteggiamenti di tipo umano.

    Il più vecchio è tranquillo mangia e riposa
    Il giovane corre e abbaia senza posa
    Il più piccolino non si da patimento
    E’ goloso e pensa solo al divertimento.

    Penso che noi uomini abbiamo responsabilità
    Anche le bestie ci vengono a copià

    Quando li vedo litigar per un osso
    E questi accadimenti, francamente, non capisco
    Penso che anche loro,restano stupiti
    Quando vedono gli uomini litigar per i partiti.

    Ben sapendo, con canina saggezza
    Chi mangia la carne del paese
    Per cui addentando l’ osso con fierezza
    Ricordano che la fame non ha pretese.

    La morale e chiara,  ma la voglio ribadire:

    Noi siamo come i cani, asserviti al pezzo grosso
    Che mangia, sempre, la nostra carne
    E ci fa litigar per un osso !

    [Nativo]

    Antonio Stiscia
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    Commento alle poesie di Angelo Siciliano

    [Ed. 24/12/2003] Il 16 marzo del 2001 rappresenta una data storica per la comunità di Montecalvo. Al suo patrimonio affettivo ritornano delle sacre icone che il tempo, con la complicità forse inconsapevole degli uomini, aveva avviluppato negli indefinibili veli dell’oblio.
    Il cammino dello spirito spesso si accompagna, nella Storia, ai frutti che esso stesso produce nella contemplazione del Fine e dell’infinito percorso di un arcano che morde le nostre percezioni.
    Ed è nell’ammirazione del costruito che, molte volte, riprendiamo il percorso interrotto.
    Ma se all’arte si aggiunge il mistero, e se questo si esplicita nel richiamo sensibile di una morte sicura accompagnata da una inesprimibile sensazione di pace, e quindi di vita, diviene essa stessa cammino.
    Durante il quale ci si imbratta e si cade.