Territorio

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    Inaugurati gli invasi: parte dalla Malvizza la sfida del Millennio

    Angelo Corvino

    [Ed. 01/06/2005] Montccalvo Irpino AV – Parte dalla Malvizza la sfida agraria del nuovo millennio con la messa in funzione dei due nuovi invasi ad uso irriguo realizzati dal consorzio di Bonifica dell’Ufita.
    Una rivoluzione epocale nel modo d’intendere l’agricoltura che da “asciutta” diventa irrigua. Un cambiamento non da poco che permetterà, nei prossimi anni, la conversione di circa duecento ettari dalle colture cerealicole a quelle ortofrutticole, notoriamente più redditizie.
    «Si tratta di un cambio di orientamento agrario da asciutto ad irriguo – spiega l’agronomo Giuseppe Lo Conte – stimiamo che con la conversione si avrà una triplicazione del reddito ed il raddoppio del valore fondiario. Riteniamo che a pieno regime si determinerà un aumento occupazionale di circa 150 unità dovuto alle colture irrigue che necessitano di più ore di lavoro».
    La messa in funzione degli invasi arriva all’indomani della riforma della PAC (politica agricola Comunitaria) che ha introdotto le integrazioni disgiunte: da integrazioni legate al tipo di produzione si passa all’integrazione alle aziende. Si prendono a campione gli ultimi quattro anni di integrazione e dei migliori tre si effettua una media che sarà il contributo percepito fino al 2012, quando cesseranno gli incentivi.
    Un’occasione per le aziende della Malvizza che potranno immediatamente reinvestire in impianti irrigui, modernizzando la produzione. Ma il consorzio intravede anche altre opportunità. “Oltre all’assistenza in fase di produzione stiamo pensando anche alla creazione di marchi per assistere i nostri consorziati anche in fase di commercializzazione” conclude Lo Conte. I nuovi impianti sono di tipo modernissimo.
    Le acque vengono captate in territorio di Castelfranco, lungo l’alveo del torrente Mare dei Grilli, dove vengono decantate ed immesse in una condotta, lunga circa 10 km, per poi essere riversate nei due invasi della Malvizza.
    Da qui si diramano le tre condotte principali che servono i 200 ettari a valle degli invasi. Ogni tre fondi c’è un idrante dove le aziende possono allacciarsi con i propri impianti. Un’opera di ingegneria idraulica che sfrutta esclusivamente la forza di gravità. Non esistono pompe di sollevamento. «Praticamente, da un punto di vista energetico, sono a costo zero» racconta orgoglioso Michele Gambacorta, fino a pochi mesi fa presidente del consorzio. Modernissimo anche il sistema della distribuzione delle acque che utilizza una serie di tessere elettroniche consegnate agli utenti che calcolano la quantità di acqua prelevata e funzionano, più o meno, come le tessere telefoniche. Le irrigazioni sono state pianificate ed ogni utente potrà usufruire del servizio nelle ore e nei giorni stabiliti, non c’è necessità di nessun intervento umano, il dispositivo elettronico provvede ad aprire e chiudere l’erogazione dell’acqua, oltre che a calcolarne il consumo. All’occorrenza, tramite le tessere utenti, è possibile sospendere l’erogazione. «Questi invasi rappresentano l’elemento per far diventare fiorente l’agricoltura di queste zone – dice Giovanni Cusano, neo presidente del Consorzio di Bonifica dell’Ufita – anche in valle Ufita stiamo lavorando per sollevare le sorgenti che si erano abbassate».
    Alla manifestazione di inaugurazione erano presenti l’arcivescovo di Benevento Mons. Serafino Sprovieri, il senatore Tanga, Domenico Covotta, Mario Pepe, Giancarlo Di Rubbo, Pietro Gaillonardo Domenico Gambacorta, Giovanni Ianniciello ed il consigliere provinciale Generoso Cusano. [Nativo]
    [Credit│Foto - Archivio F. D'Addona]

  • Beni,  Beni culturali,  Chiese,  Eventi,  San Pompilio,  Territorio,  Trekking

    Il Trekking Pompiliano dell’infaticabile Gaetano Caccese

    Gaetano Caccese, presso la fontana dell Abbondanza

    Montecalvo Irpino AV – Domani, 29 settembre, è l’anniversario della nascita di San Pompilio. Come ogni anno, in occasione di questa ricorrenza, ci sarà un’escursione lungo i luoghi percorsi dal Santo che partirà alle ore 8:00. L’appuntamento è davanti alla chiesa.

    È ammirevole il lavoro, la costanza e la perseveranza che l’infaticabile Gaetano Caccese mette nell’organizzare questo percorso a piedi da oltre venti anni. Il cammino collega la chiesa di San Pompilio di Montecalvo ai ruderi della chiesa dell’Abbondanza, situata nella contrada Mauriello, che dista almeno quattro chilometri dal paese.

    Il trekking Pompiliano è il nome dato a questo cammino, che segue il percorso che il Santo faceva quando si dirigeva verso la chiesa  situata nelle terre di sua proprietà. È un itinerario suggestivo e affascinante che si snoda lungo la “Ripa della Conca”.  Appena dopo aver superato l’antico ospedale di S. Caterina, ci si imbatte nella Grotta dei Briganti e in alcuni casolari abbandonati. Arrivati in fondo, dopo aver quasi toccato i calanchi con mano, si attraversa un ponticello costruito da Caccese stesso, che serve per oltrepassare un  ruscello. Qui si può osservare, sulla cima di un costone dalla quale fuoriesce acqua ferruginosa di colore rossastro, una cavità chiamata “l’Occhio del Diavolo”, ed è altresì possibile notare fusti di alberi secolari così alti che la vista verso l’alto si perde tra le loro cime.

    Dopo aver attraversato l’area boschiva che costeggia la “macchia Cavalletti”, ci si inoltra lungo un crinale di arenaria, un’altra meraviglia per chi ama scoprire luoghi incontaminati. Ricordate una pubblicazione uscita qualche tempo fa, realizzata dall’Istituto Comprensivo di Montecalvo Irpino,  intitolata “C’era una volta il mare…”?  Infatti,  qui  è possibile toccare con mano i reperti descritti in quel volumetto, come i resti di fossili di conchiglie di ogni ordine e grandezza.

    Infine, si giunge ai ruderi della chiesa e della fontana dell’Abbondanza. Alcuni anni fa, il vulcanico Gaetano Caccese riuscì persino a coinvolgere Don Teodoro Rapuano, l’ex parroco di Montecalvo, guidandolo lungo i tortuosi pendii del percorso. Il reverendo, dopo aver tenuto compagnia ai partecipanti durante il tragitto, celebrò messa proprio lì, tra i resti di quello che un tempo doveva essere un luogo di culto molto sentito sia per San Pompilio che per i fedeli delle contrade vicine. [Correlato│L'Occhio del Diavolo]

    [Bibliografia di riferimento]
    [Di Giovanni E. –  Favorito A., C’era una volta il mare, Arti Grafiche Tommasiello, Montecalvo Irpino AV, 2002]

    Francesco Cardinale

  • Beni,  BENI ARCHITETTONICI E PAESAGGISTICI,  Territorio

    La Malvizza

    Alfonso Caccese

    [Ed.24/01/2005] La ricerca delle proprie radici è un’esigenza che prima o poi, qualsiasi individuo si sente in dovere di tradurre in informazioni reali. Talvolta, addirittura, questa operazione si arricchisce via via di contenuti di sicuro valore letterario, scientifico, poetico. Per conseguire traguardi di tali dimensioni, è opportuno esprimere una gamma di funzioni e di sensibilità di fondo talmente ampia da poter essere parafrasata senza limitazioni di sorta. Ne possono nascere trame espressive di diversa tipologia analitica: con inclinazione alla creatività artistica o alla riscoperta dell’ uomo attraverso vere e proprie analisi del contesto sociale.

    MASSERIA STISCIA

    Si tratta di lavori rari, però, quando se ne scopre qualcuno, lo si legge con un piacere nuovo, se non altro per appropriarsi dei piccoli tesori che in esso si celano, magari dietro un sottile velo di pudore. A ricordare e a tramandare oralmente tutto quello che è possibile ed umanamente tramandabile è il carattere forte e duro degli abitanti di questa contrada attenti custodi della propria storia e delle proprie tradizioni. Uomini e donne forgiate dalla durezza della vita ma strettamente legati alla continua evoluzione dei tempi moderni perenni testimoni di una storia non scritta ma realmente passata in questa terra che ancora oggi mantiene tutto il suo fascino misterioso e affascinante. La mesta sobrietà di vecchi contadini che da antichi massari, si sono , trasformati in conduttori di aziende agricole moderne dove del passato resta solo la struttura organizzativa di un lavoro svolto con una cadenza di tempi connesso ai ritmi biologici della natura. In una masseria , diventata oggi una moderna villetta di campagna, incontriamo una famiglia organizzata secondo i vecchi canoni ma con opportune differenze.

    FONTANA CON ABBEVERATOIO

    Accanto allo screpitio di legna che irradia la sua luce e il suo calore da una “fucagna” da antichi ricordi, il buon vecchio Antonio, questo è il suo nome ci ricorda che: “ Non è più come una volta, oggi pure nella nostra contrada tutto è cambiato, ci sono le macchine moderne che ci aiutano nel nostro lavoro, siamo diventate aziende agricole e non siamo più al tempo dei massari”. Nella sua intensa vita ha visto il mutare delle cose e coi propri occhi ha assistito alla trasformazione radicale del mondo contadino dagli inizi degli anni sessanta in avanti. Testimonianza di un epoca in cui l’analfabetismo era imperante e la popolazione, traeva sostentamento dalla coltivazione della terra e dall’allevamento del bestiame. La suddivisione della società in classi era una tremenda realtà e i lavoratori della terra rappresentavano la classe più umile.

    MASSERIA MANZELLA

    Nelle masserie luogo più importante era l’aia, da anni scomparsa per colpa della moderna organizzazione del lavoro. In questa parte centrale si procedeva alla trebbiatura dei cereali si lavorava in mezzo al baccano e alla confusione, secondo una tradizione consolidata. Una moltitudine di uomini, donne e ragazzi lavoravano alacremente sull’aia, per giorni o settimane, ammazzandosi di fatica. Si respirava polvere e si sudava tanto con la canicola di luglio e agosto, per mettere da parte il raccolto dei cereali per l’inverno e anche la paglia per le bestie. A partire dagli anni Settanta, le nuove macchine tecnologicamente avanzate ( le mietitrebbiatrici ) capaci di operare anche sui declivi delle colline, hanno risolto ogni problema con la trebbiatura effettuata direttamente nei campi coltivati e la consegna, ai relativi proprietari, dei sacchi pieni di grano a domicilio. In questo modo sono scomparse delle affascinanti figure ottocentesche di lavoratori rurali, oramai confinati nei ricordi di un tempo che fu. Anche il paesaggio rurale in questi decenni è mutato, sia per l’introduzione di nuove tipologie di coltura che per l’uso diffuso delle macchine agricole che hanno sostituito il lavoro umano. [Nativo]