Fiera di Santa Caterina 2008 – Il convegno
l’I.G.P. Pane di Montecalvo e le Tipicità agroalimentari appenniniche
Antonio Stiscia
[Ed. 21/11/2008] Se è giusto e doveroso prestare attenzione alla ricerca e alla scienza, nondimeno è consigliabile recuperare le tradizioni e le conoscenze che seppur empiriche,fondano la loro forza nel tempo e le loro ragioni nella esperienza umana.
Prima di parlare dell’alimento cardine della nostra vita -Il Pane– è essenziale ricordare che trattasi di un prodotto finito e commestibile e che sebbene venga fatto, allo stesso modo e con le stesse componenti, assume forme, e ancor più ,sapori e fragranze diverse.
Tale diversità è riconducibile al tipo di farina impiegata,alla durezza dell’acqua e al sapiente utilizzo del lievito( di birra o lievito madre,il cosiddetto crescente). Con la creazione dell’Orto Botanico,a metà 700 e per merito di Carlo di Borbone,si iniziò a studiare il grano,nei suoi dimorfismi,cercando di capirne le caratteristiche,la resa e la compatibilità con i vari tipi di terreni,recuperando i semi,le tecniche e i sistemi di coltura. Un forte impulso allo studio e resa dei grani,si avrà solo nel Ventennio,con la nascita della figura dell’agronomo,nata per rendere autarchica alimentarmente una popolazione in gran parte povera e supportare una economia rurale che si stava appena organizzando. Agli antichi grani: la Risciola,la Mesca e la Carosella, si avvicendarono e riseminarono i grani votati alle paste e ai pani,già apprezzati e conosciuti nel 700 e per tutto l’800,le cui farine corpose e ricche di glutine passeranno alla storia col nome di Saragolla Calabrese e Saragolla Turchesca,la cui origine è ben esemplificata dal nome e che venivano coltivati con particolare cura . Il Pane di Montecalvo ha avuto,sempre, una forte importanza nell’economia del paese e da anni è considerato un prodotto unico e di grande commerciabilità in ambito provinciale. Già nel 700 assistiamo a forme di marchiatura del prodotto per evitarne falsificazioni e /o alterazioni,al sol fine di garantire la genuinità e la correttezza della panificazione. Ma veniamo ad oggi.
Il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, con Decreto Ministeriale 18 Luglio 2000, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica, individuò l’elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali”. Divisi per ambito regionale.
Regione Campania
Tra i liquori troviamo: il Nocillo
Tra i Formaggi: Il Pecorino di Laticauda
Credo che questo dato possa confortare gli allevatori e i produttori di formaggi di questo particolarissimo ovino che ha in Montecalvo uno dei punti di forza della sua produzione e riproduzione (cfr Asta di Montoni che si è tenuta in mattinata). Al capitolo, poi: Paste fresche e prodotti della Panetteria, della biscotteria della pasticceria e della confetteria, troviamo in ottima e solitaria compagnia:
Babà
Migliaccio
Ndunderi
Pantorrone
Pasta diGragnano
Pastiera
Pizza napoletana verace
Sfogliatella
Struffoli
Torrone di Benevento
Zeppola di san Giuseppe
Il Pane di Montecalvo ( l’unico pane della Campania)
Già questo risultato,frutto di non pochi impegni,è straordinariamente importante e testimonia la naturale e motivata ambizione a vederci riconosciuto l’IGP se non la DOP,per un alimento che per la peculiarità della produzione è e rimane un prodotto di nicchia ed esclusivamente artigianale. Ma veniamo al tema, l’ alimento naturale che meglio si sposa con il pane,è la noce,la nostra noce, gustosa e dal guscio coriaceo. Anticamente si diceva che: Il noce è come il maiale,non si butta via niente! Infatti…la radica di noce trova ottimi utilizzi nell’alta ebanisteria. Il legno di noce per la sua compattezza (specie il noce nazionale) è il re dei legnami,per la creazione di mobili e arredi di qualità,per la loro longevità e resistenza. Usato per impiallacciare i mobili di legno povero, trova antichissima tradizione tra gli ebanisti montecalvesi, con proprie botteghe specializzate e propri marchi di produzione, si ricordano le famiglie: Chiancone, De Florio, Aucelli, Tedesco, De Furia…i cui capi-mastri, non solo firmavano il mobilio o il manufatto, ma spesso lo fregiavano di intagli riproducenti il proprio marchio o il proprio emblema. La corteccia della noce, è stata usata fin dall’antichità per colorare le lane e i tessuti di scuro o di nero. Con le foglie di noce, si preparava un infuso, che per la ricca presenza di Tannino, veniva usato come toccasana per le infezioni alla bocca, quelle vaginali e nel trattamento dei geloni. L’estratto di foglie di noci poi,veniva consigliato,fino a pochi decenni orsono,per combattere il diabete.
Il Frutto
La noce non ancora matura,col mallo sempreverde viene usata per fare il Nocillo,un liquore digestivo; un prodotto a base di mallo di noci,veniva usato come abbronzante negli anni 50 e 60. La noce fresca, raccolta appena qualche tempo prima della sua completa maturazione , si presta alla facile spellatura del gheriglio e per il suo gusto un po’ acidulo si sposa perfettamente al formaggio e al pane fresco
La noce matura
Dalla noce matura si ricava l’Olio di noci per uso alimentare o per uso artigianale(colori a olio)
Noci secche
Le noci vanno fatte seccare con accuratezza per evitare il senso di rancido, stante la presenza di olio la loro conservazione varia, ma sono preferiti e consigliati gli ambienti asciutti e areati.
Storie e leggende
La forma del gheriglio, accomuna questo straordinario frutto al cervello umano e per questo lo si ritiene capace di sviluppare l’intelligenza. I romani, popolo di pastori, consideravano la noce simbolo della prosperità e per tale motivo solevano spargere sul pavimento della casa degli sposi novelli un tappeto di noci o regalare noci. Le ragazze montecalvesi in età da marito o perché oggetto di attenzione da parte di qualche giovanotto, solevano, ripercorrendo una antica pratica divinatoria, scegliere una noce, a caso, nel mucchio e con foga scagliarla per terra o contro un muro. La rottura del guscio e la qualità del gheriglio,testimoniavano la qualità e la sincerità dello spasimante,la fortuna in amore e la riuscita del matrimonio.
Le noci in gastronomia
Pane noci e formaggio. La noce è il frutto tipico del pastore e della transumanza, per la facilità di trasporto, per il valore energetico. Lungo la direttrice del Grande Regio Tratturo Pescasseroli-Candela, troviamo una continuità di specie vegetali di noci dovuta non solo ad una contiguità orografica, ma spesso ad una antropizzazione ciclica, portatrice di beni scambievoli e barattabili. I peperoni ripieni con noci, sono uno dei tanti piatti tipici della tradizione culinaria montecalvese, che trova in Guido Altieri, ottimo chef, il suo più attento gastronomo e il suo più autentico cultore. Si potrebbe parlare di come si realizza un semenzaio di noci, ma credo che questo aspetto possa essere trattato in successivi convegni, sempre con la qualificante e pregnante partecipazione del CNR, col quale si spera di progettare e realizzare concreti programmi di sviluppo legati al territorio. L’intervento si chiude con una curiosità legata alla tradizione che vuole questo nostro paese non solo un centro di forti spiritualità religiose, (la presenza di un Santo ne è la migliore dimostrazione), ma un antico ritrovo di Janare, le così dette streghe, che avevano in Benevento il loro punto di incontro, per interminabili Sabba ai piedi del secolare Noce.
Il noce diventa,così, l’albero del maleficio, troppo utile all’economia,però, per decretarne la distruzione,e come si è soliti fare,nella perpetuante saggezza popolare,si trovarono empirici metodi di convivenza,ricavando dal male, l’utile per vivere meglio, e sopportare la durezza della vita. Quando si parla di noce si pensa sempre alle streghe e alle nostre Janare Sott’acqua e sotto a biento e sott’ a lu noce di biniviento La convinzione che questo albero fosse pericoloso all’uomo, trova la migliore espressione nel termine NOCIVO , ritenendosi pericoloso giacerne ai piedi o commensarvi, avvalorato dal fatto che ai piedi del noce non cresce nulla, forse solo le piantine di noce, comunque da trapiantare. Questo fatto comportò una dedicazione malefica di un albero di cui però non si poteva fare a meno, perché utile e prezioso. San Barbato fece estirpare la malefica Noce di Benevento,ma estirpato un noce,se ne trovarono altri e leggendo un brano tratto da “Della superstiziosa Noce di Benevento” Di Pietro Piperno beneventano Napoli 1640.
Si comprende come il fenomeno,anziché scomparire si diffuse capillarmente sul territorio e infatti….
………..Siamo sì bene indotti a credere,che in più luoghi di questo territorio pullulasse la superstizione di tali maledetti nidi di streghe, posciacché nell’anno 1273 si ha l’assertiva di un istrumento di detto anno sotto il dì 24 di Febbraio,che si conserva nella Biblioteca dell’Arcivescovato Fila 4 F.59 come enunciandosi alcuni confini di territori per la via che da Benevento tira in Puglia verso Corsano, fra gli altri si pone questo IUSTA NUCEM DICTA IANARAM
Qualche anno fa in località Isca della Noce di Corsano,venne abbattuto un secolare albero di Noce,che maestoso e solitario dominava la zona,decretando in tal modo anche la fine di un antico toponimo. Si potrebbe parlare a lungo delle Streghe-Janare di Montecalvo,ma questa è un’altra storia,da raccontare in un’altra occasione. [Nativo]