La Cappella Carafa
Ubicazione: Via S. Maria – Chiesa S. Maria Assunta in Cielo – Montecalvo Irpino AV
L’ingresso alla cappella Carafa è costituito da un arco in pietra affiancato da due semicolonne scanalate, sormontate da capitelli compositi (ionico e corinzio) e posizionate su basamenti recanti due stemmi gentilizi. Le vele sono finemente decorate da rosette e tralci vegetali; sull’architrave campeggia l’iscrizione inquadrata da motivi decorativi geometrici. L’intradosso ed i piedritti sono elegantemente arricchiti da quindici formelle in pietra che riproducono le insegne araldiche della famiglia Carafa, celebrandone i fasti. Al di sopra dell’arco compare una lapide contenente l’iscrizione relativa all’anno di costruzione della cappella e al nome del committente. Dall’iscrizione posta nella parte superiore dell’arco, si evince che la cappella fu commissionata da Giovan Battista Carafa I, terzo conte di Montecalvo, ed ultimata ne 1556. Si evince, altresì, che fu dedicata al Salvatore. La famiglia Carafa tenne la contea di Montecalvo sin dal 1525 e, negli anni di ultimazione dei lavori della cappella, uno dei esponenti, Giovan Pietro, reggeva il soglio Pontificio con il nome di Paolo IV. La cappella, infatti, di cui resta ignoto l’autore, presenta caratteri stilistici tipici dell’architettura rinascimentale della Roma papale. Di recente è stato pubblicato un saggio sulla cappella Carafa ad opera dello studioso israeliano Yoni Ascher dell’Università di Haifa, il quale considerando la forma e lo stile della cappella, la riconduce all’architettura di Francesco di Giorgio Martini, ai suoi impianti nella città di Urbino e, non da ultimo, all’influenza esercitata da questi, noto per le sue architetture militari, su quella religiosa del XVI secolo a Napoli e la di cui forma suggerisce allo studioso un confronto con la cappella Chigi di Raffaello a Roma. Per quanto concerne la decorazione scultorea, invece, l’opera si inserisce nell’ambito della produzione plastica napoletana di primo Cinquecento ed è riconducibile alla bottega dei Malvito, Tommaso e Giovantommaso, scultori lombardi provenienti da Como ed approdati a Napoli nell’ultimo quarto del XVI secolo. Nel 1508 quella stessa bottega portava a termine ciò che gli storici dell’arte definiscono il principale cantiere artistico napoletano del primo decennio del Cinquecento, il Succorpo del Duomo, la cappella funeraria dedicata a S. Gennaro in cui erano state traslate da Montevergine le reliquie del Santo
[Crediti│Testo - Catalogo dei Beni Culturali │Foto - Antonio Cardillo]
Commissionata da Giovan Battista Carafa, terzo Conte di Montecalvo, la cappella è a pianta ottagonale con alle pareti stemmi nobiliari e finte finestre. Essa è preceduta da un portale in pietra realizzato in marmo scolpito (cm.580), che presenta due alti basamenti sui quali sono applicati rilievi dello stemma della famiglia Carafa. Addossate alla parete, ai due laterali del portale , vi sono due colonne, il cui fusto è scanalato e rudentato. I capitelli sono compositi e presentano foglie di acanto, nella parte bassa, e, nella parte alta, due ampie volute, su cui è poggiato un cordolo con al centro un volto di putto. Sulla trabeazione, composta da modanature a dentelli e decorazioni di petali stilizzati, è presente l’iscrizione “ECCE SALVATOR MUNDI”. Notevole anche la balaustra della cappella, di epoca più recente, e l’altare posto sulla parete di fondo.
[Crediti│Testo - CTC Centro turismo culturale]
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