Montecalvo e il castello dimenticato
Lo strano destino del cinema Pappano e l’antica macelleria della signora Bellaroba
[Ed. 20/01/2002] Un difficile esercizio raccontare l’Irpinia stando in Irpinia.Un esercizio che è una forma di amore e a cui la tua terra risponde mobilitando il galateo del rancore. In genere si raccontano i propri luoghi stando lontani, al riparo dalle abitudini più corrosive. So che restando qui non riceverò alcun tipo di gratificazione per quello che faccio. Scrivo quello che scrivo solo perché me ne viene una certa contentezza e perché mi sembra utile lasciare qualche piccolissima testimonianza della transizione che stanno vivendo i nostri paesi. Non pretendo che le mie parole sappiano descrivere e definire quello che accade nei luoghi. Il mio è un resoconto parzialissimo. La vita di un paese è un film che dura migliaia di anni ed io capisco quello che si può capire entrando in sala per poche ore. Mi pare che il film stia offrendo fotogrammi importanti in cui la storia muta rapidamente. Più che una descrizione a volte mi rendo conto di svolgere l’autopsia del paesaggio. Forse scambio la parte per il tutto e la necrosi che vedo in giro è solo uno dei tanti fili in cui ogni giorno si aggroviglia il mistero di tutto ciò che appare. In ogni caso la mia descrizione non muta nulla. Quello che conta è ciò che la gente fa in questi paesi ogni giorno. Sono loro gli attori e gli spettatori del film. Io sono un intruso, uno che passa e dà un’occhiata senza entrare nella trama.
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Oggi è una di quelle giornate che sembra voler ridare tutta la luce sottratta a lungo. La strada per Montecalvo è stretta e piena di curve. Paesaggio fatto di colline accidentate. E’ un vero piacere quando dopo una curva compare improvvisa la valle del Miscano e una distesa di paesaggio levigato ai confini con la Daunia e il Sannio.
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Montecalvo è uno di quei paesi che cominciano un poco alla volta. Molte case costruite lungo la strada. Uno sportello con la scritta “ricambi autovetture” piantato nel terreno.
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Sto cercando un posto per mangiare il mio panino. Arrivo nella parte più alta del paese, nei pressi del castello. Mi siedo su una panchina, di fronte al sole. Una donna anziana in una centoventisei blu adempie solitaria il rito della controra. Arriva un uomo. Abbassa il sedile della sua Uno bianca e si distende. Un anziano con scarpe da ginnastica mi saluta con un cauto movimento delle labbra.
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Casa diroccata con una scritta sopra: San Felice proteggi Montecalvo. A fianco una casupola con un bel portale che arriva quasi al tetto. Di fronte una palazzina alta e sgraziata, coi balconi storti, tipico esempio dei deliri architettonici con cui si pensava di dare inizio alla modernizzazione dei paesi.
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Parlo un po’ con due anziani sul belvedere della piazza. Sotto di noi la parte più vecchia del paese, abbandonata dopo il terremoto del sessantadue. Gli uomini recriminano su tutti quelli che hanno amministrato il paese.
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Mi dirigo verso il castello. Incontro un altro signore anziano con scarpe da ginnastica. Chiedo notizie del castello a una donna che prende il sole davanti a una casetta prefabbricata Simpaticamente la donna mi dice che il castello ora appartiene alle belle alpi. Spero che a nessuno suoni offensivo il riportare la simpatica deformazione di una sigla che da queste parti non ha fatto molto per farsi apprezzare.
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Sui ruderi del castello ci sono alcune antenne di una radio locale. Davanti al castello c’è un prefabbricato. Segnali inequivocabili che questo luogo è stato lungamente trascurato. Adesso ci sono i ponteggi per restaurare l’antico maniero da cui si gode la vista di un magnifico panorama.
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Riprendo la macchina e rifaccio lentamente il cammino verso la parte nuova del paese. Questo posto non m’invoglia a camminare a piedi. In piazza S. Pompilio c’è un bel palazzo. Subito dopo compare il brutto edificio del comune. In questo paese le cose richiedono aggettivi semplici e antitetici. Il bello e il brutto si squadernano davanti senza zone neutre. Finisci di ammirare un bel portale ed ecco un’orrenda ed enorme costruzione non ultimata: dovrebbe ospitare gli uffici comunali. Più avanti c’e il bel palazzo Caccese, è adibito a deposito di un negozio di agrotecnica ad esso adiacente. Sono le quattro del pomeriggio, più avanti ancora c’è la strada per Casalbore.
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Paese nuovo, dall’aria tutt’altro che povera. Mi colpiscono i negozi con vetrine che non ammiccano a niente. Mi colpisce la torre normanna, mi impone dl scendere dalla macchina. Sotto la torre c’e una porta da cui si accede in una bella piazza circolare: sicuramente uno dei luoghi più suggestivi della nostra provincia. Dentro la piazza c’e l’insegna di un club di Forza Italia e poi un’altra porta che porta fuori dal cerchio vuoto della piazza.
Cerco una cartolina in un negozio che presenta un insolito accoppiamento merceologico: cartoleria e calzature. Il negozio è ancora chiuso. Un frate mi accompagna a vedere la grotta di San Michele che pure è chiusa.
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Davanti al comune c’è una elaboratissima statua di Padre Pio che comincia con un masso, poi al posto dei piedi ci sta la chiesa che ha fatto a S. Giovarmi. In testa alla statua c’è una copertura a forma di ombrello.
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Vicino al bar ci sono due trentenni che hanno l’aria di play boy disoccupati. Da loro ricevo conferma di una cosa che sospettavo: nelle feste estive il grande spiazzo con annesso anfiteatro costruito davanti al Municipio è più usato della piazza antica con la bellissima torre.
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Torno a Montecalvo. Metto il muso della macchina sotto un altro magnifico portale. Sono nel centro del paese. C’è una discreta animazione. Parlo un poco con la gente che sosta davanti al bar. Ragionamenti piuttosto saggi, venati da un’amarezza non greve. Il succo mi pare un po’ questo: abbiamo avuto due terremoti, si potevano fare tante cose, ma siamo nel meridione e se le cose non andassero come vanno non sarebbe il meridione con la sua storica arretratezza. Qualcuno dovrebbe spiegare a questa gente che con l’allargamento della Comunità europea le regioni considerate arretrate saranno altre. E a questo bisogna aggiungere che il federalismo avviato da Bossi produrrà un forte riduzione dei fondi per le regioni del sud. Questa micidiale congiunzione farà sentire i suoi effetti sulla qualità della vita nelle nostre zone gia a partire dai prossimi anni. La situazione sarà drammatica se non riusciremo a sfruttare bene le risorse disponibili da qui al 2006.
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A Montecalvo c’e anche un cinema. Stasera danno Harry Potter, spettacolo unico con inizio alle 16.30. Sono le cinque e mezza e non c’è nessuno. Il proprietario mi accompagna per farmi vedere la bella sala e la galleria. Lui fa questo mestiere da quarant’anni e ha tutta l’aria di non volersi arrendere. Si lamenta dei professionisti, perché sono i principali disertori di questa strana avventura di tenere aperto un cinema in un piccolo paese.
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Vicino al cinema c’è una fornitissima videoteca. Il proprietario non si lamenta di niente e ci tiene a farmi sapere che dispongono di diecimila titoli, tutti rigorosamente originali.
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Dopo la videoteca entro nella macelleria Bellaroba e la signora mi dice che questo è proprio il loro cognome. Faccio un breve ingresso anche nel bar che annuncia nell’insegna di disporre di sala giochi e pay tv.
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Ormai da tempo è calato il buio e non c’è modo di ammirare la pineta del paese il presepe perenne situato nell’Oasi Maria Immacolata. Leggo su una brochure che la struttura dei Frati Minori è dotata di 180 posti letto ed accoglie persone provenienti da ogni e dove. Forse anche per questo a Montecalvo non ho difficoltà a reperire cartoline e prima di lasciare il paese vedo un bar elegantissimo. Anche chi viene qui in ritiro spirituale vorrà comunque consumare un cappuccino.
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Sulla via del ritorno mi fermo sulla via Cardito di Ariano, un posto che somiglia a Torrette di Mercogliano, traffico e negozi. Entro in un supermercato affollatissimo e ripenso al signor Leonardo Pappano che forse sta ancora aspettando qualche spettatore nel suo cinema. Forse tra quelli che qui fanno la spesa ci sarà pure qualcuno di Montecalvo. Un paese piccolo vicino ad un paese più grande quasi sempre è destinato a dare più che ad avere. Nella società di mercato sono un mercato anche i paesi e vince chi ha le mercanzie più ambite. Ad Ariano si trovano occhiali da sole e pantaloni e telefonini, tutto delle migliori marche, come nelle migliori città. Merci assai più richieste del buon pane di Montecalvo [Nativo] Dal sito – www.ottopagine.it del 20/01/2002
Franco Arminio