Stazione ferroviaria: una vera Via Crucis
Redazione
[Edito 27/08/2014] Già nel lontano 1913 Padre Bernardino Santosuosso, nel suo libro Pagine di Storia Civile, scriveva: “alcune modeste aspirazioni dei cittadini di Montecalvo per mettere, veramente, il nostro paese su la via del progresso. Aspirazioni, che sono già in realtà per le più umili borgate che non hanno una storia e che per noi oggi sono un pio desiderio – ma che sarebbero urgenti, per far sparire il nostro isolamento ed, insiememente, si praticherebbe un commercio utile ed altro”.
Dopo un secolo niente è cambiato, anzi , cose che avevano acquisite con grandi lotte e mobilitazioni popolari ci sono state tolte a discapito dell’esigenza di un progresso eco sostenibile.
Una linea ferrovia che collegasse il mar Tirreno con il mar Adriatico ed in particolare Napoli con la provincia di Foggia era già stata disegnata nel 1836, ma tra questa ipotesi e la realizzazione della linea trascorsero alcuni decenni: infatti, le diverse questioni che sorsero attorno al progetto della linea riguardavano non il collegamento ferroviario in sé, quanto il percorso che esso avrebbe dovuto seguire.
Le diatribe nacquero nel dover decidere quali centri sarebbero stati toccati dalla nuova linea, oltre alle solite considerazioni di carattere tecnico ed economico e agli interessi della stessa Società per le Strade ferrate meridionali che era la concessionaria per la costruzione della linea. E così si optò per l’attuale linea e vennero isitituite le stazioni Ariano Irpino, Montecalvo – Buonalbergo – Casalbore. Si tentava di avviare lentamente un tentativo di sviluppo per le zone delle aree interne con un servizio ferroviario che unendo Napoli a Foggia offrisse nuovi spunti di progresso per gli abitanti della Valle del Miscano. Nel 2013, un secolo dopo l’auspicio di Padre Bernardino Santosuosso si torna indietro. La linea Foggia – Napoli fa ancora discutere, soppresse le fermate intermedie, rientra nei piani di sviluppo delle infrastrutture dell’ Italia meridionale, essa rappresenta la chiusura a sud della maglia ferroviaria europea. Gli interventi programmati hanno lo scopo di riqualificare la linea incrementandone la capacità infrastrutturale mediante la realizzazione del raddoppio (in alcuni casi in affiancamento, in altri in variante) e l’ammodernamento tecnologico degli impianti. Il nuovo percorso della linea, infatti, passerà più a sud di quello attuale dal quale si discosterà nei pressi di Savignano dove imboccherà una lunghissima galleria di circa 25 km che consentirà l’attraversamento dello spartiacque, questo lungo tunnel sboccherà a sud di Ariano, nei pressi di Grottaminarda dove verrà realizzata la stazione denominata Irpinia, da qui la linea percorrerà la valle del fiume Ufita fino a ricongiungersi al tratto già a doppio binario nei pressi di Apice. In definitiva scompariranno le stazioni di Ariano Irpino, Montecalvo – Buonalbergo – Casalbore, con gravi conseguenze per questa parte dell’Irpinia, abbandonata da Dio e dagli uomini, condannata al suo mesto ed inesorabile declino. La mobilità delle persone e delle merci è risaputo che, di fatto, sono volano di sviluppo economico-sociale e culturale, ma invece di attuare politiche di sostegno e di investimenti nel settore trasporti sul nostro territorio, si imperversa con l’abbattimento di servizi a discapito dei cittadini, studenti e lavoratori pendolari. Le modifiche di servizio sulla linea ferroviaria, oggi in vigore, hanno però già avuto devastanti ripercussioni sul territorio. Il servizio sostituivo su gomma non raggiunge la stazione di Montecalvo ma ne lambisce il territorio transitando sulla Ss90, con grosse difficoltà per studenti, lavoratori ed ammalati che si recano quotidianamente a Benevento e che dovrebbero percorrere diversi chilometri in più per intercettare sulla strada statale i mezzi sostitutivi.
Questa linea, com’è facile da immaginare, svolgeva dunque, oltre alla sua normale destinazione di trasporto passeggeri e merci, anche una grande opera sociale e di integrazione tra i vari territori che attraversava e congiungeva ai capoluoghi di provincia; in occasione di calamità naturali si è dimostrata l’unica via percorribile per i soccorsi. La linea Foggia-Benevento è stata completamente abbandonata dal traffico locale e, dalla fine del 2010, non c’è più alcun treno locale che colleghi Foggia a Benevento, mentre vi transitano gli intercity e le varie “frecce” dirette a Lecce o Roma che, ovviamente fermano solo nei due capoluoghi. I progettisti della nuova linea, poi , non hanno saputo resistere alla tentazione di scavare un secondo “buco negli Appennini”, condannando a morte tutto il tracciato della ferrovia esistente (circa 30 km, con relativi manufatti, impianti, gallerie e stazioni: Montecalvo, Buonalbergo, Castelfranco, Ariano Irpino, S. Vito, Savignano e Montaguto). Intorno al quale gravita il magnifico (a meno di eventuali discariche di monnezza napoletana) ed incontaminato territorio agricolo del Miscano, del Fortore e del Cervaro (circa 20 comuni). Salvo ripensamenti, farebbero un’inutile stazione a Grottaminarda, area industriale e commerciale, già ampiamente servita dall’autostrada Napoli-Bari. Naturalmente, per fare questo inutile “buco nell’ Appennino”, i costi lieviteranno, si pensi che solo il tratto Apice-Orsara da solo costerebbe circa 2 miliardi di euro su una spesa totale di 5 miliardi di euro per l’intero intervento Napoli-Foggia. Quasi la metà. Ancora una volta bisogna rimboccarsi le maniche e riprendere di nuovo le lotte e le mobilitazioni contro decisioni scellerate calate dall’alto e ideate da persone che non hanno la benché minima conoscenza del territorio e l’importanza che una linea di collegamento affidabile e strategica può per esso rappresentare occasione di progresso e sviluppo, con interscambio di passeggeri e merci tra le città dei due mari. ” Ammainando le vele. Saremmo fortunati vedere altri studiosi apportare nuova luce, con le loro ricerche, intorno alla nostra terra o magari contraddire le nostre notizie. In tal modo, facilmente nascerebbe una nuova lena a farci raccogliere altre pagine antiche e moderne, della nostra storia paesana.”[Nativo]
[Crediti│Testo: L'informatore del Miscano]